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A marzo 2024 previste oltre 447mila assunzioni

A marzo sono oltre 447mila i contratti programmati dalle imprese, e circa 1,4 milioni quelli previsti per il trimestre marzo-maggio, quasi 30mila unità in più (+7,1%) rispetto a marzo 2023 e circa +112mila sullo stesso trimestre 2023 (+8,7%).

In crescita le previsioni di entrata nei settori dei servizi (+10,5% nel mese e +11,4% nel trimestre), in particolare grazie agli andamenti attesi da turismo (+16%, +14,3%) e commercio (+14,6%, +17,2%). Positivi i flussi programmati dalle imprese delle costruzioni (+2,7%, +7,4%), anche se inferiori dell’1,5% rispetto al febbraio 2024, e indicazioni incerte dalle imprese manifatturiere (-1,6%, +0,2%). Lo segnala il Bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Il turismo offre le maggiori opportunità di impiego

Tra i settori manifatturieri, che complessivamente ricercano oltre 85mila lavoratori nel mese e 249mila nel trimestre, le maggiori opportunità di lavoro riguardano le industrie della meccatronica, con circa 23mila lavoratori nel mese e 66mila nel trimestre, seguite dalle industrie metallurgiche (rispettivamente 18mila e poco più di 50mila) e da quelle alimentari (11mila e 33mila).

Sono poi 49mila i contratti di assunzione programmati nelle costruzioni a marzo e 146mila fino a maggio, mentre nel terziario sono circa 313mila contratti di lavoro previsti a marzo e oltre 992mila nel trimestre marzo-maggio.
È il turismo però a offrire le maggiori opportunità di impiego, con circa 82mila lavoratori ricercati nel mese e 299mila nel trimestre, seguito da commercio (rispettivamente 65mila e 194mila) e i servizi alle persone (49mila e 154mila).

I profili più difficili da trovare: operai e tecnici

Ancora elevata, sebbene in leggera flessione rispetto a febbraio, la quota di assunzioni di difficile reperimento, pari al 47,8% del totale, soprattutto a causa della mancanza di candidati per ricoprire le posizioni lavorative aperte.
I profili più difficili da trovare nel mercato del lavoro riguardano gli operai specializzati (64,6%), gli operai conduttori di impianti (54,3%) e i tecnici (54,2%).

Le assunzioni che le imprese prevedono di ricoprire ricorrendo a immigrati riguardano 85mila unità (pari al 19,1% delle entrate complessive), con un incremento del 8,5% rispetto a quanto previsto a marzo 2023.
Dichiarano di voler ricorrere maggiormente a manodopera straniera le imprese dei servizi operativi di supporto alle imprese e alle persone (33,7%), e dei trasporti, logistica (28,4%) e delle costruzioni (25,2%).

Elevato mismatch per le imprese del Nord Est 

Anche a marzo, il flusso delle assunzioni è caratterizzato da una prevalenza di contratti a tempo determinato (239unità, 53,4% del totale), seguono i contratti a tempo indeterminato (91mila, 20,4%) e quelli in somministrazione (41mila, 9,2%). 

Sotto il profilo territoriale è da sottolineare l’elevato mismatch riscontrato dalle imprese nel Nord Est, per cui sono difficili da reperire circa il 52,9% dei profili ricercati con punte del 57,1% per il Friuli-Venezia Giulia.
Le imprese del Nord ovest segnalano difficoltà a reperire il 47,9% dei profili ricercati, seguite dalle imprese del Centro (45,9%) e da quelle del Mezzogiorno d’Italia (44,5%).

Mercato auto, a gennaio riprendono le vendite nell’UE

Nel mese di gennaio 2024, il mercato delle auto nuove nell’Unione Europea ha ingranato la marcia. Dopo il rallentamento riscontrato a dicembre 2023, all’inizio dell’anno si è assistito a una netta ripresa, con un incremento annuale delle immatricolazioni del 12,1%, raggiungendo 851.690 unità. Lo sottolinea Acea, l’associazione dei costruttori europei.

Germania, Francia e Italia i mercati più dinamici

I principali mercati del blocco hanno tutti registrato una significativa crescita, con la Germania (+19,1%), l’Italia (+10,6%), la Francia (+9,2%) e la Spagna (+7,3%) che hanno ottenuto notevoli guadagni, a una o due cifre.

Cresce la richiesta di auto elettriche e ibride

Per quanto riguarda le fonti di alimentazione, nel mese di gennaio le auto elettriche a batteria hanno rappresentato il 10,9% della quota di mercato, in aumento rispetto al 9,5% di gennaio 2023, mentre le auto ibride-elettriche hanno consolidato la loro posizione come la seconda scelta preferita degli acquirenti di auto dell’UE con una quota di quasi il 30%. La quota di mercato combinata delle auto a benzina e diesel è scesa a quasi il 50% nel gennaio 2024, rispetto al 54% dell’anno precedente.

Le preferenze a seconda dei Paesi 

Le vendite di nuove auto elettriche a batteria a gennaio 2024 sono aumentate del 28,9% a 92.741 unità, rappresentando il 10,9% del totale del mercato. I quattro principali mercati della regione hanno registrato incrementi robusti a doppia cifra: Belgio (+75,5%), Paesi Bassi (+72,2%), Francia (+36,8%) e Germania (+23,9%).

Le nuove immatricolazioni nell’UE di auto ibride-elettriche sono cresciute del 23,5% a gennaio 2024, trainate da aumenti significativi nei principali mercati: Spagna (+26,5%), Francia (+29,9%), Germania (+24,3%) e Italia (+14,2%), totalizzando 245.068 unità, pari al 28,8% della quota di mercato dell’UE.

Le auto elettriche ibride plug-in hanno registrato una ripresa, con un aumento del 23,8% a 66.660 unità nel gennaio 2024, guidato da aumenti significativi in mercati chiave come Belgio (+65,2%) e Germania (+62,6%). Queste auto rappresentano ora il 7,8% delle vendite totali di auto nell’UE.

Tiene l’alimentazione a benzina, scende il diesel

Per quanto riguarda le auto a benzina, il mercato nell’UE è cresciuto del 4% a gennaio 2024, trainato da notevoli incrementi in Italia (+26,7%) e Germania (+16,9%). Nonostante mantenga la leadership con il 35,2% del mercato, la quota delle auto a benzina è scesa rispetto al 37,9% di gennaio 2023.

Al contrario, il mercato delle auto diesel nell’UE ha subito una contrazione del 4,9% a gennaio, con cali evidenti in diversi mercati, tra cui Francia (-23,4%), Spagna (-10,2%) e Italia (-8,7%). Tuttavia, la Germania ha registrato una crescita del 4,3%, con le vendite di auto diesel che hanno raggiunto le 114.415 unità, corrispondenti al 13,4% della quota di mercato, in calo rispetto al 15,8% del 2023.

Travel: nel 2023 gli acquisti digitali valgono 20,4 miliardi 

Grazie all’e-commerce il turismo in Italia continua il suo percorso di ripresa, superando i livelli pre-Covid e raggiungendo quota 36,6 miliardi di euro (+10% vs 2019, +13% vs 2022). 
Nell’arco di 4 anni gli acuisti digitali aumentano di 12 punti l’incidenza sul settore travel. Nel 2023 il canale digitale vale 20,4 miliardi, il 56% del totale.

Anche il turismo organizzato nel 2923 vive un forte rimbalzo rispetto al 2022, con valori che tornano in linea con quelli pre-pandemia.
Il tour operating cresce infatti del 40%, mentre quello delle agenzie di viaggio del 26%. 
La decima edizione dell’Osservatorio Travel Innovation della School of Management del Politecnico di Milano per il 2024 stima un risultato compreso fra 37,2 e 41,2 miliardi.

Trasporti: oltre 7 euro su 10 derivano dall’e-commerce

Anche i trasporti dimostrano il pieno recupero dalla pandemia, raggiungendo un totale di 23,8 miliardi di euro nel 2023 e una previsione di crescita media del 12% per il 2024. Più in particolare, del 6% nello scenario pessimistico e del 18% in quello ottimistico.

Anche in questo caso è la componente digitale a trainare il settore. Nel 2023, con un totale di 16,9 miliardi di euro, oltre 7 euro su 10 spesi nell’ambito dei trasporti (71%) derivano infatti dall’e-commerce.

La mobility recupera all’insegna della flessibilità

Il mercato della mobilità turistica nel 2023 supera del 9% i valori del 2019, per un totale di 23,8 miliardi di transato.
Rispetto al 2022 cresce la componente e-commerce, che oggi vale 16,9 miliardi (71% del mercato), trainata dalla ripresa dei voli aerei.

Quanto ai canali di vendita, si confermano predominanti le prenotazioni digitali dirette, che pesano l’86% del valore e-commerce, rispetto al 14% di quelle intermediate.
In leggero aumento anche il transato tramite online travel agency (OTA) e altri intermediari online (34%). 

L’AI al servizio delle agenzie di viaggio

Le agenzie di viaggio cominciano a utilizzare strumenti di AI per creare contenuti, svolgere attività di marketing, gestire la relazione con il cliente e creare nuovi itinerari, sebbene manchi ancora una piena conoscenza di questi strumenti.

Le agenzie di viaggio offrono in modo piuttosto diffuso anche soluzioni di flessibilità nei pagamenti, come il buy-now-pay-later (18%).
A fine 2022 le aziende del turismo organizzato, tramite un capitolo dedicato del PNRR, hanno avuto la possibilità di presentare domanda per l’accesso al credito d’imposta per la digitalizzazione, con una dotazione finanziaria complessiva di 19 milioni di euro. L’opportunità è stata sfruttata da circa un’agenzia su quattro, principalmente per innovare soluzioni hardware (81%) e software (67%).

Italia sul podio per edilizia in legno: è il terzo paese in Europa 

Nel 2022, in Italia, sono state costruite 3.602 unità abitative in legno, con un incremento del 1% rispetto al 2021. Questo risultato consolida la posizione dell’Italia come il terzo produttore europeo di soluzioni abitative in legno. Davanti al Belpaese, infatti, si piazzano solo solo Germania e Svezia e lasciando alle spalle l’Austria. A evidenziarlo sono i dati dell’8° ‘Rapporto Edilizia in legno’, realizzato dal centro studi di FederlegnoArredo.
La dinamicità del settore si riflette nel fatturato complessivo di 2,3 miliardi di euro. Una cifra che rappresenta un deciso aumento rispetto al 2021: +15,8%.

La produzione residenziale in legno

Il cuore di questa crescita è la produzione residenziale in legno, che ha generato un fatturato di 866 milioni di euro, segnando un aumento del 12,7% rispetto al 2021. Questo valore rappresenta un quinto di quello tedesco e addirittura il 7,2% del totale dei 27 Paesi dell’Unione Europea, pari a 12 miliardi di euro.

Edifici non residenziali e tradizionali

Oltre all’edilizia residenziale, la produzione non residenziale in legno ha contribuito con 633 milioni di euro, registrando un aumento del 12,2% rispetto al 2021. L’edilizia tradizionale ha anch’essa sperimentato una significativa crescita, raggiungendo i 767 milioni di euro, con un deciso incremento del 22,9% rispetto all’anno precedente.

Dinamiche territoriali e dimensioni aziendali

Il 2022 ha evidenziato un’interessante geografia delle imprese bioedilizie, con una concentrazione significativa in Lombardia, Trentino-Alto Adige e Veneto. Le tre aree, da sole, totalizzano il 50% del totale. Il Trentino-Alto Adige spicca come leader nella produzione e specializzazione, contribuendo al 19% della produzione complessiva.

Analizzando le dimensioni aziendali, le prime 10 imprese rappresentano quasi il 31% del mercato, mentre il 68% ha un fatturato inferiore ai 5 milioni di euro. Solo il 7% ha superato i 50 milioni di euro, ma contribuisce al 46% del mercato, sottolineando la concentrazione del settore in poche mani.

La Bioedilizia come alternativa sostenibile

Il 2022 conferma che la bioedilizia sta guadagnando terreno come alternativa all’edilizia tradizionale. La sostenibilità e lo stoccaggio di CO2 rappresentano le forze trainanti di questo settore, che necessita di una maggiore sensibilizzazione e promozione per coinvolgere sia i cittadini che le amministrazioni pubbliche. Assolegno di FederlegnoArredo si impegna a promuovere proprio questo percorso.

Pagamenti digitali per le utility: nel 2023 toccati i 20 miliardi di euro

Il 2023 ha visto un significativo incremento dei pagamenti digitali per le utility italiane, con un valore di transazioni sulla piattaforma pagoPA che ha raggiunto quasi i 20 miliardi di euro nei primi dieci mesi dell’anno, attraverso oltre 118 milioni di operazioni. Questi dati, forniti da PagoPA e elaborati da Adnkronos, rappresentano un aumento rispetto ai 120 milioni di transazioni registrate nel 2022, evidenziando una proiezione di crescita consistente per la fine dell’anno.

In Italia 700 società del settore delle utility aderiscono a pagoPA

Attualmente, circa 700 società nel settore delle utility, compresi reseller e distributori, hanno aderito alla piattaforma pagoPA, offrendo ai propri clienti un maggior numero di canali per gestire il pagamento delle utenze.
Queste società, attive nel settore dell’energia, gas, telecomunicazioni, acqua, trasporto pubblico e altri servizi, hanno adottato PagoPA come parte di una strategia più ampia di digitalizzazione dei propri servizi per ottimizzare i processi e migliorare l’esperienza dell’utenza.

Oltre 120 milioni di transazioni sulla piattaforma

Nel 2022, le utility hanno totalizzato oltre 120 milioni di transazioni sulla piattaforma, con un valore transato di 20 miliardi di euro. Nel periodo da gennaio a ottobre 2023, il numero complessivo delle transazioni delle utility è stato di 118,6 milioni, per un valore di 19,6 miliardi di euro, rappresentando il 37,1% delle transazioni complessive su pagoPA.
Nel solo mese di ottobre 2023, sono state effettuate 12,1 milioni di transazioni verso le utility tramite pagoPA, con un aumento del 11,9% rispetto all’anno precedente.

I vantaggi della multicanalità

Le utility hanno sfruttato le opzioni di pagamento offerte da pagoPA, utilizzando canali digitali e fisici di circa 400 prestatori di servizi di pagamento (Psp) presenti sulla piattaforma, eliminando la necessità di accordi separati con ognuno di essi.
Questa multicanalità risponde ai regolamenti dell’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (Arera), che richiedono ai gestori di garantire agli utenti finali una vasta gamma di modalità di pagamento.

Dalle testimonianze delle società del settore utility che utilizzano la piattaforma, emergono benefici tangibili, tra cui una migliore gestione dei flussi di pagamento, la riorganizzazione dei processi interni in funzione dei canali digitali e un miglioramento complessivo dell’esperienza del cliente. Inoltre, l’uso di pagoPA ha consentito alle utility di offrire una maggiore flessibilità di pagamento ai propri clienti, rispondendo alle esigenze regolamentari dell’Arera.
In conclusione, l’adozione di pagoPA da parte delle utility italiane ha dimostrato di essere un passo significativo verso la digitalizzazione dei servizi, portando benefici sia per le aziende che per gli utenti finali.

Flat Tax per le nuove imprese, quali sono i requisiti per accedervi?

I titolari di partita IVA che avviano una nuova attività possono beneficiare dell’applicazione della cosiddetta “flat tax” al 5%. Questo regime fiscale agevolato è stato mantenuto nonostante le numerose modifiche apportate nel corso degli anni alle condizioni di accesso al regime forfettario.
La possibilità di applicare la flat tax al 5% per i primi cinque anni di attività rimane invariata, ma con alcune regole specifiche da rispettare.

“Il regime fiscale per le start up”

La flat tax al 5% si applica alle nuove attività, ed è spesso definita il “regime fiscale per le startup”. Per i primi cinque anni di attività, l’aliquota fiscale per coloro che adottano il regime forfettario scende dal 15% al 5%.
Questo favorisce chi sta iniziando una nuova “avventura” imprenditoriale, professionale o artistica, rendendo la tassazione più favorevole rispetto all’opzione del 15%.

Condizioni ben precise

Iil regime forfettario per le startup è soggetto a specifiche condizioni. L’applicazione della flat tax al 5% è limitata a coloro che avviano un’attività completamente nuova. Ciò implica che il contribuente non deve aver svolto, nei tre anni precedenti l’avvio dell’impresa, alcuna attività artistica, professionale o imprenditoriale, a meno che non sia stata una pratica obbligatoria per l’accesso a professioni o mestieri.
Ancora, se si prosegue un’attività precedentemente svolta da un altro soggetto, i ricavi o compensi realizzati nell’anno fiscale precedente non devono superare la soglia di accesso al regime forfettario. Queste sono le tre condizioni specifiche che si aggiungono ai requisiti generali per l’accesso e la permanenza nel regime forfettario, che attualmente prevede un limite di ricavi o compensi di 85.000 euro.

I limiti dei ricavi

L’applicazione della flat tax al 5% per le nuove attività non concede deroghe per quanto riguarda i requisiti d’accesso e le cause di esclusione previste per il regime forfettario. Ad esempio, il limite di ricavi o compensi di 85.000 euro per l’anno precedente deve essere rispettato.
Inoltre, è possibile accedere alla flat tax agevolata a condizione di sostenere spese per lavoro accessorio o dipendente e per l’erogazione di compensi ai collaboratori che non superino i 20.000 euro all’anno.

Le cause di esclusione

Alcune cause di esclusione includono l’applicazione di regimi speciali IVA o di determinazione del reddito, la non residenza (con alcune eccezioni), e l’esercizio prevalente di attività come la vendita di immobili, terreni edificabili o mezzi di trasporto nuovi.

Inoltre, i titolari di partita IVA che partecipano a società di persone, associazioni o imprese contemporaneamente, o che controllano direttamente o indirettamente SRL o associazioni in partecipazioni che svolgono attività simili a quella individuale, non possono adottare il regime forfettario.
Allo stesso modo, chi svolge prevalentemente attività per l’ex datore di lavoro dei due anni precedenti o verso soggetti direttamente o indirettamente riconducibili, nonché coloro con redditi da lavoro dipendente o assimilati superiori a 30.000 euro nell’anno precedente (eccetto in caso di cessazione del rapporto), è escluso dall’applicazione della flat tax.

Streaming: il 65% degli italiani spende 30 euro al mese 

Mentre in passato si pagava un canone per la televisione, o si noleggiavano videocassette e DVD, oggi sono disponibili numerosi abbonamenti mensili a servizi di streaming, come Netflix, Amazon Prime, Disney Plus, HBO e tanti altri.
Sommando i costi di ognuno di questi abbonamenti, ci si potrebbe chiedere quanto stiamo effettivamente pagando per questa nuova era di comodità digitale. La risposta è 30 euro al mese.

Questo è infatti il budget che il 65% degli italiani è disposta a destinare per il consumo di contenuti digitali.
Di fatto, la rivoluzione digitale ha innescato una migrazione massiccia dal piccolo schermo verso le piattaforme di streaming, che offrono una miriade di opzioni a portata di clic.

Come bilanciare qualità dei contenuti, prezzo e pubblicità?

La domanda cruciale per le piattaforme di streaming, però, è come offrire ai consumatori un servizio che bilanci contenuti di alta qualità, un prezzo accessibile e una pubblicità accettabile?
A quanto pare, gli italiani, pur riconoscendo il valore dei contenuti premium, non sono avversi all’idea di pubblicità, a patto che sia ben dosata.

Il 59% degli intervistati sarebbe infatti disposto a tollerare spot pubblicitari pur di accedere a una piattaforma gratuita, ma ad alcune condizioni, ovvero, pubblicità mirate e limitate interruzioni durante la visione. E quando è inevitabile, che almeno lo spot sia breve.

I giovani sottoscrivono anche più di 4 abbonamenti 

L’epoca in cui un unico abbonamento soddisfaceva tutte le esigenze di intrattenimento sembra essere un lontano ricordo. Ora, con giganti del settore che offrono cataloghi vastissimi e diversificati, la tentazione di diversificare gli abbonamenti è forte.
Questa tendenza, però, non è uniforme tra le diverse fasce d’età.

Se da un lato un significativo 42% della popolazione mantiene un approccio più conservativo, limitandosi a 2-3 servizi, dall’altro la fascia più giovane (25-34 anni) mostra un comportamento decisamente diverso.
Quest’ultimo gruppo, infatti, sembra avere una sete insaziabile di contenuti, tanto da sottoscrivere a 4 o più servizi contemporaneamente.

La lealtà degli utenti non è garantita

Nonostante il boom dei servizi di streaming, la lealtà degli utenti non è garantita. Esistono infatti numerosi modi di ‘saltare’ il pagamento dell’abbonamento.
Ma mentre le piattaforme competono per la lealtà degli utenti, è chiaro che il futuro sarà multidimensionale, con servizi integrati che vanno oltre il mero intrattenimento.
La sfida per le aziende sarà quella di rimanere al passo con le crescenti aspettative dei consumatori, e offrire soluzioni innovative che combinino contenuto, comodità e valore.

Consumi in Italia, la “spinta” della tecnologia

Nell’arco degli ultimi 30 anni, la tecnologia ha dato luogo a un notevole aumento dei consumi in Italia, con particolare rilevanza per i PC, i prodotti audiovisivi e multimediali e soprattutto i telefoni. La spesa pro capite reale per i PC è cresciuta del 786%, mentre quella per i telefoni è esplosa con un incremento del 5.339%. Inoltre, i servizi ricreativi e culturali hanno visto un notevole incremento del 93%, contribuendo al rafforzamento del settore del tempo libero. Tuttavia, si è assistito a una diminuzione dei consumi domestici, come i pasti in casa (-11,2%), i mobili ed elettrodomestici (-5,1%), e il consumo di elettricità e gas (-12,2%), in gran parte dovuta a politiche di risparmio energetico.

La spesa delle famiglie è al di sotto dei valori del 2009

Nel complesso, nel 2022 la spesa delle famiglie è stata di 20.810 euro pro capite, risultando ancora al di sotto dei livelli del 2019 (20.914 euro). Nel 2024, si prevede che i livelli di picco del 2007 (21.365 euro rispetto ai 21.569 euro) non saranno ancora raggiunti. Tuttavia, il 2023 è emerso come un anno di ritorno alla normalità, grazie in gran parte al contributo significativo del settore turistico. Viaggi, vacanze, alberghi (+23,6%), servizi ricreativi e culturali (+9,7%), bar e ristoranti (+8%) hanno registrato incrementi notevoli rispetto all’anno precedente. Questi risultati derivano da un’analisi effettuata dall’Ufficio Studi di Confcommercio sulle abitudini di consumo delle famiglie italiane nel periodo dal 1995 al 2023. L’analisi rivelò un quadro di crescita limitata nell’arco dei tre decenni, con l’Italia che sperimentò una stagnazione aggregata.

Scende la spesa per energie elettrica e gas

La spesa per la tecnologia, come quella destinata ai telefoni, agli elettrodomestici e ai PC, ha registrato un notevole aumento, mentre altre categorie di spesa hanno mostrato performance meno brillanti. Le politiche di risparmio energetico hanno influito positivamente sulla spesa per l’energia elettrica e il gas, portando a una riduzione della spesa reale. La spesa per l’alimentazione in casa è rimasta sostanzialmente stabile nel lungo periodo, mentre quella fuori casa è cresciuta grazie alla fruizione di servizi legati al tempo libero.

Ritorno lento alla normalità

Nonostante i progressi in alcuni settori, la spesa totale non tornerà ai livelli del 2019 entro la fine del 2023 e rimarrà al di sotto del picco del 2007 anche nel 2024. Tuttavia, l’effetto positivo del settore turistico nel 2023 ha contribuito a un ritorno alla normalità, con servizi ricreativi, viaggi e alberghi che sono stati i principali motori di crescita economica, mentre si resta in attesa di un rinnovato dinamismo nel settore manifatturiero esportatore.

Nel 2023 aumentano i consumi fuori casa, nonostante i rincari

Se il 2022 si è rivelato un anno di stabilizzazione per il settore della Ristorazione, il rallentamento della crescita economica nel 2023 non sembra condizionare il segmento ‘fuori casa’. Il settore HoReCa appare quindi solido, con il 2022 chiuso in crescita rispetto all’anno precedente, seppur ancora indietro del 4% rispetto al 2019. Ma per più dell’80% degli operatori HoReCa l’industria dei beni di largo consumo e gli esercenti hanno sensibilmente sofferto l’aumento dei costi, mitigandone solo parzialmente l’impatto incrementando i prezzi ai consumatori finali.
A fronte della pressione inflattiva, a oggi gli operatori non prevedono però una contrazione significativa dei consumi.
Emerge dall’approfondimento di Bain & Company Italia realizzato in occasione del Rapporto Annuale Ristorazione, curato da FIPE-Confcommercio.

I fattori a sostegno della domanda

“Lo scenario del 2023 rimane cautamente positivo, con la maggioranza degli intervistati che per l’anno in corso prospetta una crescita del segmento nell’ordine del +5/+10% rispetto al 2022”, commenta Aaron Gennara Zatelli, Partner di Bain & Company.
La tenuta del settore nel 2023 sarà guidata da diversi fattori. Innanzitutto, la stabilità della domanda dei consumatori italiani. Poi, la ‘premiumizzazione’ sostenuta dalla maggiore attenzione da parte dei consumatori verso qualità degli ingredienti, ricerca di unicità e sostenibilità dei prodotti offerti.
Inoltre, contribuiscono alle previsioni positive la ripresa del turismo internazionale e la tenuta dei sotto-canali, con offerte più accessibili, e i canali premium.

Ripresa del turismo, ma il lavoro da remoto cambia i consumi

Il ritorno del turismo internazionale in Italia determina effetti positivi sul ‘fuori casa’ spingendo i volumi e aumentando la spesa per consumi HoReCa, con un maggiore interesse verso le esperienze premium. Ma poiché il lavoro da remoto si è stabilizzato a 2-3 giorni a settimana cambiano le abitudini alimentari dei consumatori europei.
Se, da un lato, si riduce la spesa per colazioni e pranzi consumati fuori casa, dall’altro si nota una forte inclinazione verso uscite serali per aperitivi e cene, in una prospettiva di consumo esperienziale, sociale e di gratificazione personale.
Durante il weekend si registra un incremento di pasti consumati fuori casa e takeaway, e aumenta la tendenza a consumare bevande alcoliche in club, bar o ristoranti, che tra il 2021 e il 2022 passa dal 15% al 25%, con picchi del 40% in Spagna e Italia.

Sostenibilità e Delivery, l’era della normalizzazione

La crescente attenzione dei consumatori verso la sostenibilità spinge l’industria all’adozione di pratiche più sostenibili nei processi produttivi e nei prodotti stessi, utilizzando ingredienti a basso impatto ambientale o impiegando pratiche socialmente responsabili.
Tuttavia, emerge ancora una discrepanza tra intenzioni d’acquisto dei consumatori e ciò che viene effettivamente comprato (prodotti meno sostenibili a prezzi più convenienti). Quanto ai modelli di Food e Grocery Delivery, la ripresa delle abitudini di consumo fuori casa ne hanno rallentato lo sviluppo. Ma nel 2022 quasi 4 consumatori italiani su 10 hanno usufruito dei servizi di consegna a domicilio.

I Paperoni di tutto il mondo? Nel 2002 sono scesi di numero

Secondo l’ultimo numero del Wealth Report di maggio, che fornisce una delle analisi più importanti del mercato immobiliare a livello globale a cura dell’agenzia Knight Frank, nel 2022 la popolazione degli individui con un patrimonio netto ultraelevato (UHNWI) è diminuita del 3,8% a livello mondiale, dopo un significativo aumento del 9,3% nel 2021. Nonostante questa diminuzione, ci sono state alcune eccezioni, sia in alcuni paesi, sia tra le diverse fasce di reddito.

Se calano i miliardari è colpa della debolezza dei mercati

Liam Bailey, Responsabile Globale del Dipartimento di Ricerca di Knight Frank, spiega che la diminuzione degli UHNWI l’anno scorso è stata principalmente dovuta alla debolezza dei mercati azionari e obbligazionari. Tuttavia, a livello globale, 100 mercati residenziali di fascia alta hanno registrato una crescita media dei prezzi del 5,2% e un aumento del 16% dei beni d’investimento di lusso, contribuendo ad attenuare la diminuzione complessiva della ricchezza. In generale, la popolazione degli UHNWI nel mondo è cresciuta del 44% in cinque anni fino al 2022, e sebbene si preveda un rallentamento della crescita al 28,5% nel prossimo quinquennio, il calo sarà di breve durata grazie all’adattamento a un nuovo contesto economico.

In Medio Oriente aumentano i ricchissimi, in Europa diminuiscono

Il Medio Oriente è stato in netta controtendenza rispetto alla diminuzione generale della ricchezza. Nel 2022, gli individui con un patrimonio netto superiore a 30 milioni di dollari sono aumentati del 16,9%. Gli Emirati Arabi Uniti hanno registrato un aumento dell’18,1% e l’Arabia Saudita del 10,4%. Anche l’Africa ha visto una crescita positiva dei super ricchi, con un +6,3%, mentre l’Australasia e le Americhe hanno registrato solo un lieve incremento, rispettivamente dello 0,7% e dello 0,2%. L’Asia, d’altro canto, è rimasta in linea con la diminuzione globale della ricchezza, con una riduzione del 6,5% della popolazione dei super ricchi, anche se Malesia, Indonesia e Singapore si sono distinte da questa tendenza. L’Europa è stata la regione più colpita dalla diminuzione degli ultraricchi, con una diminuzione dell’8,5% degli UHNWI nel 2022. Le uniche eccezioni sono state l’Irlanda (+3,9%) e il Principato di Monaco (+0,9%).

Nel mondo oltre 70 milioni di persone dal patrimonio a 6 zeri

Nonostante la contrazione della popolazione dei super ricchi, il numero degli high-net-worth-individuals (HNWI) è aumentato del 2,9% nel 2022. A livello mondiale, ci sono quasi 70 milioni di persone con un patrimonio netto di oltre 1 milione di dollari. I primi tre paesi in classifica sono la Malesia, il Brasile e l’Indonesia. Il numero di miliardari, tuttavia, è diminuito del 5%, passando a 2.629 a livello globale.
Secondo il Wealth Sizing Model di Knight Frank, nei prossimi cinque anni si prevede che la popolazione globale degli UHNWI aumenterà del 28,5%, passando da 579.625 a quasi 750.000 individui. La popolazione degli HNWI dovrebbe crescere del 56,9% e superare i 100 milioni nei prossimi cinque anni. Le prime 10 località con la crescita più elevata potrebbero essere in Europa e in Asia, con l’Ungheria al primo posto con un aumento del 75% della popolazione HNWI, seguita dalla Turchia (70%) e dalla Polonia (67%). Gli Stati Uniti manterranno il primato per la popolazione di milionari più numerosa a livello globale, con un previsto aumento del 24,6%.

In Italia i milionari si concentreranno a Milano e Roma

In Italia, si prevede che la popolazione degli high-net-worth-individuals (HNWI) aumenterà del 41% nei prossimi cinque anni, passando da 2 milioni di persone nel 2022 a oltre 2,8 milioni nel 2027. Gli UHNWI (ultra-high-net-worth-individuals) con più di 30 milioni di dollari aumenteranno dell’8,6% in cinque anni, passando da circa 16.490 individui nel 2022 a 17.900 nel 2027.
Riguardo alle principali città italiane, Milano potrebbe vedere un aumento del 35,6% dei suoi milionari (HNWI) nel 2027 e del 5,2% dei suoi ultraricchi con più di 30 milioni (UHNWI). A Roma, nello stesso periodo, si prevede un aumento del 33% degli HNWI, mentre gli UHNWI potrebbero subire una leggera diminuzione del 3,8%.