Archivi autore: Gianluca Pirovano

Earth Day 2024: allarme immobilismo per il cambiamento climatico

È quanto emerge dall’indagine condotta da Ipsos in occasione della Giornata Mondiale della Terra 2024: il sentimento di impotenza e disillusione è sempre più diffuso nei confronti della lotta alla crisi climatica. Il cambiamento climatico è un problema così grande che in molti pensano di non poter fare la differenza. 

Secondo l’indagine Ipsos, che ha coinvolto 33 Paesi, tra cui l’Italia, la fiducia nei piani governativi per affrontare il cambiamento climatico è in caduta libera dal 2022.
Infatti, il 63% degli intervistati a livello globale e il 66% degli italiani ritiene che i propri governi dovrebbero fare di più per contrastare la crisi climatica.

I giovani sono i più scoraggiati 

Secondo l’indagine, un terzo dei giovani si sente inerme di fronte al cambiamento climatico, con il 32% dei Millennials e i l 30% dei ragazzi della GenZ che ritengono sia ormai troppo tardi per agire.
A questa sensazione di impotenza si somma una scarsa comprensione di quali azioni individuali potrebbero avere un impatto maggiore sull’ambiente. Nonostante un miglioramento generale della consapevolezza, le persone continuano a fare errori nel valutare le azioni domestiche che hanno il maggiore impatto sulla riduzione delle emissioni di carbonio. 

Le persone tendono a sovrastimare l’efficacia di azioni a basso impatto, come il riciclo. Ad esempio, per molto tempo si è creduto che riciclare le bottiglie di plastica avesse un impatto molto grande, ma recenti studi hanno messo in dubbio la validità di questa convinzione.

L’abbandono dei combustibili fossili e la transizione alle energie rinnovabili

L’allontanamento dai combustibili fossili è un altro tema critico confermato dalla ricerca Ipsos. I timori per il costo della vita nei Paesi sviluppati potrebbero ostacolare la transizione alle energie rinnovabili. Infatti, sebbene molti riconoscano l’importanza di abbandonare i combustibili fossili, le preoccupazioni più ampie in alcuni Paesi potrebbero rallentare la transizione. 

In media, si pensa che il passaggio alle energie rinnovabili avrà un impatto positivo sulla qualità dell’aria (65%), sulla natura (63%) e sulla lotta al cambiamento climatico (63%). Tuttavia, questo dato nasconde differenze di atteggiamento a livello nazionale. L’talia, ad esempio, appare più scettica, con percentuali rispettivamente del 58%, 52% e 53%.

La paura legata ai costi della transizione 

Nonostante i tassi di inflazione siano in calo a livello globale, la convinzione che la transizione dai combustibili fossili possa avere un impatto negativo sul costo della vita rimane forte, con il 29% a livello globale, il 37% nei Paesi del G7, e punte del 47% in Germania e del 42% in Canada.

Per rendere la transizione più facile ed economica, l’indagine Ipsos suggerisce che incentivi finanziari e accesso alle informazioni potrebbero spingere le persone a fare di più per il clima.
Queste sono le principali motivazioni sia a livello globale (39% e 37%), che in Italia (42% e 29%), seguite dal fatto di vedere direttamente le conseguenze di disastri ambientali nel proprio Paese (35% a livello globale e 27% in Italia).

Data-stealing: nel 2023 compromessi 10 milioni di dispositivi 

Secondo il Kaspersky Digital Footprint Intelligence, presentato in occasione del ‘Privacy Tour 2024’, nel 2023, sono stati compromessi da malware data-stealer circa 10 milioni di dispositivi personali e aziendali, +643% negli ultimi tre anni.
Sebbene il numero di file di log, quindi di infezioni, nel 2023 abbia subito un calo del -9% rispetto al 2022, questo non implica che la richiesta di login e password da parte dei criminali informatici sia diminuita.

È infatti possibile che alcune credenziali compromesse siano state divulgate nel dark web nel corso del 2024, ed è probabile che il numero effettivo di infezioni sia ancora più alto: circa 16 milioni. 
In ogni caso, i dati sui dispositivi infetti derivano dalle statistiche dei file di log dei malware infostealer attivamente scambiati nei mercati illeciti.

Il dominio .it al terzo posto per account rubati

La vendita di credenziali di accesso compromesse rappresenta una parte significativa del mercato del dark web.
In media i criminali informatici rubano 50,9 credenziali di accesso per ogni dispositivo infetto, utilizzandole per attacchi informatici, vendita o distribuzione gratuita sui forum del dark web e i canali shadow di Telegram.

Negli ultimi 5 anni 443.000 siti web in tutto il mondo hanno subito le violazioni delle credenziali.
Per quanto riguarda il numero di account compromessi da infostealer nel 2023, il dominio .com è al primo posto (quasi 326 milioni), mentre in Europa, il dominio .it, associato all’Italia, si classifica al terzo posto (4,2 milioni), dopo Francia (4,5) e Spagna (4,4).

Furto di credenziali per servizi AI

I dati per accedere alle infrastrutture aziendali sono molto diffusi sul dark web: tra gennaio 2022 e novembre 2023 si contano oltre 6.000 messaggi (+16% al mese).
La crescente diffusione di strumenti basati sull’AI, poi, non è passata inosservata ai cyber criminali, e il furto di credenziali per i servizi AI è una tendenza in crescita.

Negli ultimi tre anni, sono state compromesse con malware info-stealer 1.160.000 credenziali di accesso all’applicazione Canva, uno strumento di progettazione grafica basato sull’AI.

Il mercato del dark web dal punto di vista della domanda 

Anche OpenAI ha visto trapelare le credenziali degli utenti a causa di malware data-stealer. Quasi 668.000 credenziali per i servizi dell’azienda, tra cui ChatGPT, sono state compromesse tra il 2021 e 2023 e trovate su canali nascosti. 
In particolare, nell’ultimo anno il numero di login e password trapelate è aumentato di quasi 33 volte.

Il mercato del dark web per le credenziali può essere analizzato anche dal punto di vista della domanda di questi account, in particolare esaminando il numero di post in cui i criminali informatici offrono o cercano di acquistare file di log infostealer.
A marzo 2023, dopo il rilascio della quarta versione, la richiesta di account di ChatGPT da parte dei cyber criminali ha, registrato una crescita, stabilizzandosi allo stesso livello di altri servizi di AI.

Il contante inquina: quanto pesa sull’ambiente?

Il contante inquina il 21% in più del digitale: la salute del Pianeta passa anche da come paghiamo quello che compriamo. Un problema soprattutto per l’Italia, dove i pagamenti cashless faticano ad attecchire per ragioni culturali, pregiudizi, e in alcuni casi, anche per ragioni molto poco nobili, come il ‘nero’. Siamo infatti il secondo Paese in Europa per le emissioni generate dai pagamenti con banconote e monete, circa 2,7 kg a testa per un totale di oltre 160,8 mila tonnellate di Co2.

Quanto al primo Paese dove il contante inquina di più, a sorpresa, è la Germania. 
Emerge dal Rapporto 2024 della Community Cashless Society, piattaforma creata da The European House – Ambrosetti (TEHA) dedicata a contenuti, idee e iniziative business circa i pagamenti elettronici.

Italia ancora troppo poco cashless

Un pagamento cashless è la movimentazione di denaro in modo digitale, oppure un pagamento di beni o servizi effettuato senza contante o assegni ma attraverso forme di pagamento elettronico, come carte di debito o credito, ma non solo.

Secondo un’elaborazione di TEHA, l’Italia nel 2023 è ancora tra le 30 peggiori economie al mondo su 144 per dipendenza dal contante.
Esiste infatti un indicatore apposito, il Cash Intensity Index, che mette in relazione l’incidenza di banconote e monete rispetto al Prodotto Interno Lordo (PIL) dei principali Paesi. L’anno scorso, l’Italia è passata, peggiorando, dal 29° al 28° posto.

Perché il contante inquina

Ma perché il contante inquina? I motivi sono molti e riguardano il ciclo di vita del denaro, a cominciare dalla produzione delle banconote, che richiede materie prime quali rame, nichel e acciaio, la cui estrazione consuma molta energia e risorse naturali, provocando allo stesso tempo danni all’ambiente e generando emissioni di gas serra.
Per realizzarle, inoltre, sono necessarie sostanze chimiche tossiche, che diventano scarti altrettanto tossici da gestire.

Si prosegue con il trasporto e la distribuzione, che provocano Co2, e si finisce con lo smaltimento, altro momento critico visto che le banconote logore e distrutte, da sostituire, diventano un rifiuto speciale che va trattato con particolari accorgimenti.

Un’impronta ambientale media pari a 101 μPt a testa

La Banca d’Italia, nel suo annuale Report di Sostenibilità, dedica un capitolo proprio a questi aspetti e alle azioni messe in atto per ridurre l’impatto ecologico del contante.
La BCE ha calcolato che l’impronta ambientale media dei pagamenti mediante banconote nel 2019 è stata pari a 101 micropunti (μPt) per cittadino dell’area euro. Una cifra equivalente a 8 km percorsi in auto.

Dal Rapporto TEHA, come riferisce Adnkronos, emerge tuttavia che in Italia il cashless sta accelerando. Ma ci sono ancora molte resistenze ad abbandonare il contante. Una survey condotta in occasione del report su 500 esercenti indica che 8 su 10 accettano i pagamenti digitali, e che la spinta viene dai clienti. Il 58% ha introdotto forme immateriali di pagamento proprio per soddisfare le richieste degli acquirenti e non per iniziativa propria.

A marzo 2024 previste oltre 447mila assunzioni

A marzo sono oltre 447mila i contratti programmati dalle imprese, e circa 1,4 milioni quelli previsti per il trimestre marzo-maggio, quasi 30mila unità in più (+7,1%) rispetto a marzo 2023 e circa +112mila sullo stesso trimestre 2023 (+8,7%).

In crescita le previsioni di entrata nei settori dei servizi (+10,5% nel mese e +11,4% nel trimestre), in particolare grazie agli andamenti attesi da turismo (+16%, +14,3%) e commercio (+14,6%, +17,2%). Positivi i flussi programmati dalle imprese delle costruzioni (+2,7%, +7,4%), anche se inferiori dell’1,5% rispetto al febbraio 2024, e indicazioni incerte dalle imprese manifatturiere (-1,6%, +0,2%). Lo segnala il Bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Il turismo offre le maggiori opportunità di impiego

Tra i settori manifatturieri, che complessivamente ricercano oltre 85mila lavoratori nel mese e 249mila nel trimestre, le maggiori opportunità di lavoro riguardano le industrie della meccatronica, con circa 23mila lavoratori nel mese e 66mila nel trimestre, seguite dalle industrie metallurgiche (rispettivamente 18mila e poco più di 50mila) e da quelle alimentari (11mila e 33mila).

Sono poi 49mila i contratti di assunzione programmati nelle costruzioni a marzo e 146mila fino a maggio, mentre nel terziario sono circa 313mila contratti di lavoro previsti a marzo e oltre 992mila nel trimestre marzo-maggio.
È il turismo però a offrire le maggiori opportunità di impiego, con circa 82mila lavoratori ricercati nel mese e 299mila nel trimestre, seguito da commercio (rispettivamente 65mila e 194mila) e i servizi alle persone (49mila e 154mila).

I profili più difficili da trovare: operai e tecnici

Ancora elevata, sebbene in leggera flessione rispetto a febbraio, la quota di assunzioni di difficile reperimento, pari al 47,8% del totale, soprattutto a causa della mancanza di candidati per ricoprire le posizioni lavorative aperte.
I profili più difficili da trovare nel mercato del lavoro riguardano gli operai specializzati (64,6%), gli operai conduttori di impianti (54,3%) e i tecnici (54,2%).

Le assunzioni che le imprese prevedono di ricoprire ricorrendo a immigrati riguardano 85mila unità (pari al 19,1% delle entrate complessive), con un incremento del 8,5% rispetto a quanto previsto a marzo 2023.
Dichiarano di voler ricorrere maggiormente a manodopera straniera le imprese dei servizi operativi di supporto alle imprese e alle persone (33,7%), e dei trasporti, logistica (28,4%) e delle costruzioni (25,2%).

Elevato mismatch per le imprese del Nord Est 

Anche a marzo, il flusso delle assunzioni è caratterizzato da una prevalenza di contratti a tempo determinato (239unità, 53,4% del totale), seguono i contratti a tempo indeterminato (91mila, 20,4%) e quelli in somministrazione (41mila, 9,2%). 

Sotto il profilo territoriale è da sottolineare l’elevato mismatch riscontrato dalle imprese nel Nord Est, per cui sono difficili da reperire circa il 52,9% dei profili ricercati con punte del 57,1% per il Friuli-Venezia Giulia.
Le imprese del Nord ovest segnalano difficoltà a reperire il 47,9% dei profili ricercati, seguite dalle imprese del Centro (45,9%) e da quelle del Mezzogiorno d’Italia (44,5%).

Gender Equality: anche nel 2024 sicurezza e pari opportunità sono le sfide principali 

In occasione della giornata internazionale della donna, che si celebra in tutto il mondo l’8 marzo, viene realizzata ogni anno l’indagine annuale WIN World Survey realizzata da WIN-Worldwide Independent Network of Market Research, di cui fa parte BVA Doxa come responsabile per l’Italia.

Anche l’edizione 2024 della ricerca affronta i temi della sicurezza, dell’opportunità di carriera e dello stipendio, ma tra i principali punti sul tema della gender equality emergono anche vite segnate da episodi di violenza fisica e psicologica. 
I dati rilevati sono il frutto della raccolta e analisi delle opinioni di circa 34mila persone in 39 Paesi.

Italia all’ottavo posto nella classifica dei paesi più insicuri per le donne

Le donne di tutto il mondo stanno ancora affrontando un percorso in salita per l’uguaglianza e la sicurezza.
In particolare, i numeri relativi alla sicurezza sono decisamente critici in alcuni paesi del mondo. In Italia, ad esempio, la paura nel camminare la sera tardi nella propria zona viene dichiarata da 6 donne su 10.

E se in Europa, Italia (63%), Grecia (62%) e Irlanda (58%) riportano la percentuale più alta di donne che si sentono insicure, anche in Francia (54%) e nel Regno Unito (50%) la situazione è preoccupante.
Quelli sulla sicurezza sono dati che purtroppo pongono l’Italia all’ottavo posto nella classifica dei paesi percepiti più insicuri, preceduta solo da paesi del Centro/Sud America, come Cile (83%), Messico (81%), Ecuador (75%).

In Nigeria il tasso di violenza sulle donne è al 74%

Sempre in Italia 1 donna su 5 (20%) ha subito qualche forma di violenza fisica o psicologica nel corso del 2023. Il dato aumenta fra le più giovani, con il 31% nella fascia d’età 18-24 anni, e fra le residenti nelle regioni del Nord-Ovest (28%).

Nella classifica globale dei paesi col maggior tasso di violenza sulle donne (dominata dalla Nigeria, con uno spaventoso 74%) l’Italia è al quattordicesimo posto (20%), fra i 39 paesi coinvolti. La Grecia è al quarto posto (31%).
Il 7% delle donne italiane dichiara di aver subito molestie sessuali durante l’ultimo anno. Emergono differenze secondo le fasce d’età (12% fra 18-44 anni vs 2% dai 45 anni in su), e fra Nord e Centro-Sud (9% vs 5%).  

Parità di genere: sul lavoro c’è ancora tanto da fare

Se gli uomini nel 47% dei casi sono concordi nel ritenere che la parità sul lavoro sia stata raggiunta, solo il 29% delle donne è di questo avviso.
Il 44% della popolazione globale ritiene ancora che le donne abbiano meno opportunità di lavoro rispetto agli uomini.

In Europa (66%) e nelle Americhe (54%) questa percentuale è la più alta. In Italia, l’80% delle donne pensa di avere minori opportunità di carriera rispetto ai colleghi uomini. Un dato che ci pone al secondo posto della classifica, preceduti solo dalla Croazia (81%) e seguiti dalla Francia (75%). E il 56% delle donne che lavorano ritiene di guadagnare meno dei colleghi uomini.

Frodi informatiche, quali sono i settori più colpiti in Italia? 

Le frodi informatiche su piattaforme come Facebook, Whatsapp e di criptovalute stanno registrando una crescita significativa. Lo evidenzia l’ultimo report sulla sicurezza informatica di Swascan, del Gruppo Tinexta. Gli strumenti digitali maggiormente bersagliati sono quelli che vengono utilizzati quotidianamente, come il pacchetto Office 365 (17,8%), seguito da Facebook (11,5%) e WhatsApp (3,9%).

Tra l’altro, riferisce Adnkronos, l’Italia ha il triste primato di  essere uno dei cinque paesi più colpiti a livello mondiale dagli attacchi ransomware, un tipo di programma malevolo che può infettare dispositivi come PC, tablet, smartphone o smart TV, bloccando l’accesso ai contenuti fino al pagamento di un riscatto.

Gli attacchi si concentrano sui programmi e app di uso comune

Programmi software diffusissimi, social network, app di messaggistica istantanea e criptovalute sono sempre più oggetto di attacchi da parte dei criminali informatici, che agiscono attraverso il phishing. Il report Threatland di Swascan indica che i programmi più colpiti a livello globale sono Office 365 (17,8%), Facebook (11,5%), WhatsApp (3,9%), Outlook (2,4%) e Crypto/Wallet (2,1%), che rappresentano i primi cinque bersagli preferiti dagli hacker.

Il phishing è il reato più diffuso a livello globale

Il phishing, che sfrutta tecniche sofisticate per inviare e-mail, SMS o comunicazioni ingannevoli, è la tipologia di attacco informatico più diffusa a livello mondiale. Nel secondo semestre del 2023, sono stati registrati ben 448.665 portali dedicati al phishing in tutto il mondo. Pierguido Iezzi, CEO di Swascan, ne sottolinea la rapida evoluzione: gli attacchi sono sempre più subdoli e aggressivi grazie ai progressi dell’Intelligenza Artificiale.

Le aziende devono investire in cybersicurezza

Iezzi ritiene che la cybersecurity sia diventata una priorità ineludibile, e le aziende devono investire per rafforzare le misure di sicurezza dei loro sistemi informatici. Il ceo sottolinea anche l’importanza di collaborazioni tra pubblico e privato, incentivi e agevolazioni per sostenere le organizzazioni, specialmente le PMI.

Per quanto riguarda gli attacchi ransomware registrati in Italia nel 2023, il 77% delle vittime sono piccole e medie imprese con fatturato inferiore ai 250 milioni di dollari. Il rapporto evidenzia che nel secondo semestre gli attacchi sono aumentati del 44%, portando l’Italia dal 11° al 5° posto tra i paesi più colpiti al mondo, con 88 attacchi totali. Lockbit è la gang di hacker più attiva a livello globale, con 526 attacchi, di cui 18 in Italia.

I settori più “sensibili”

I settori più colpiti in Italia sono servizi (21%) e manifatturiero (20%), seguiti da sanità (11%) e tech (9%). Gli attacchi coinvolgono principalmente aziende con 1-50 dipendenti, concentrate nel Nord (56%) e nel Centro Italia (37%). 

Mercato auto, a gennaio riprendono le vendite nell’UE

Nel mese di gennaio 2024, il mercato delle auto nuove nell’Unione Europea ha ingranato la marcia. Dopo il rallentamento riscontrato a dicembre 2023, all’inizio dell’anno si è assistito a una netta ripresa, con un incremento annuale delle immatricolazioni del 12,1%, raggiungendo 851.690 unità. Lo sottolinea Acea, l’associazione dei costruttori europei.

Germania, Francia e Italia i mercati più dinamici

I principali mercati del blocco hanno tutti registrato una significativa crescita, con la Germania (+19,1%), l’Italia (+10,6%), la Francia (+9,2%) e la Spagna (+7,3%) che hanno ottenuto notevoli guadagni, a una o due cifre.

Cresce la richiesta di auto elettriche e ibride

Per quanto riguarda le fonti di alimentazione, nel mese di gennaio le auto elettriche a batteria hanno rappresentato il 10,9% della quota di mercato, in aumento rispetto al 9,5% di gennaio 2023, mentre le auto ibride-elettriche hanno consolidato la loro posizione come la seconda scelta preferita degli acquirenti di auto dell’UE con una quota di quasi il 30%. La quota di mercato combinata delle auto a benzina e diesel è scesa a quasi il 50% nel gennaio 2024, rispetto al 54% dell’anno precedente.

Le preferenze a seconda dei Paesi 

Le vendite di nuove auto elettriche a batteria a gennaio 2024 sono aumentate del 28,9% a 92.741 unità, rappresentando il 10,9% del totale del mercato. I quattro principali mercati della regione hanno registrato incrementi robusti a doppia cifra: Belgio (+75,5%), Paesi Bassi (+72,2%), Francia (+36,8%) e Germania (+23,9%).

Le nuove immatricolazioni nell’UE di auto ibride-elettriche sono cresciute del 23,5% a gennaio 2024, trainate da aumenti significativi nei principali mercati: Spagna (+26,5%), Francia (+29,9%), Germania (+24,3%) e Italia (+14,2%), totalizzando 245.068 unità, pari al 28,8% della quota di mercato dell’UE.

Le auto elettriche ibride plug-in hanno registrato una ripresa, con un aumento del 23,8% a 66.660 unità nel gennaio 2024, guidato da aumenti significativi in mercati chiave come Belgio (+65,2%) e Germania (+62,6%). Queste auto rappresentano ora il 7,8% delle vendite totali di auto nell’UE.

Tiene l’alimentazione a benzina, scende il diesel

Per quanto riguarda le auto a benzina, il mercato nell’UE è cresciuto del 4% a gennaio 2024, trainato da notevoli incrementi in Italia (+26,7%) e Germania (+16,9%). Nonostante mantenga la leadership con il 35,2% del mercato, la quota delle auto a benzina è scesa rispetto al 37,9% di gennaio 2023.

Al contrario, il mercato delle auto diesel nell’UE ha subito una contrazione del 4,9% a gennaio, con cali evidenti in diversi mercati, tra cui Francia (-23,4%), Spagna (-10,2%) e Italia (-8,7%). Tuttavia, la Germania ha registrato una crescita del 4,3%, con le vendite di auto diesel che hanno raggiunto le 114.415 unità, corrispondenti al 13,4% della quota di mercato, in calo rispetto al 15,8% del 2023.

Privacy online nell’UE: quali sono le differenze fra vari Paesi nell’uso dei cookie? 

La privacy online è un tema sempre più diffuso fra gli utilizzatori della rete, che sono sempre più informati e consapevoli in merito. Tanto che, nel 2023, il 36% dei cittadini dell’Unione Europea, di età compresa tra i 16 e i 74 anni, ha dichiarato di aver modificato le impostazioni del browser Internet per impedire o limitare l’uso dei cookie. Tuttavia, solo il 21% utilizza software specifico che limita la capacità di tracciare le proprie attività online.

L’indagine di Eurostat, condotta a livello europeo, ha coinvolto persone che hanno utilizzato Internet nei tre mesi precedenti alle interviste. Eppure solo il 21% utilizza software specifico che limita la capacità di tracciare le proprie attività online.

In Finlandia due cittadini su 3 limitano i cookie

Rispetto alla media dell’UE, la Finlandia si distingue con il 66% degli utenti di Internet che ha adottato misure per limitare i cookie, seguita dai Paesi Bassi con il 56%, il Lussemburgo con il 47%, la Danimarca con il 46% e la Germania con il 45%. Dall’altra parte della classifica, con percentuali molto più basse di cittadini che adottano misure di protezione, si collocano Romania e Bulgaria (12%), Cipro (20%), Slovenia (26%) e Italia (27%).

Paese che vai, protezione che trovi

Tra i paesi dell’UE, in Belgio quasi la metà degli utenti di Internet (49%) è attenta al tracciamento online e utilizza software per limitare la capacità di monitorare le attività online. Questa tendenza è seguita da Malta (38%), Paesi Bassi e Croazia (entrambi 32%) ed Estonia (31%).

In contrapposizione, Cipro (3%), Bulgaria (7%), Romania e Italia (12%) e Lettonia (13%) mostrano percentuali più basse di utilizzo di software di questo tipo. Insomma, gli italiani si rivelano molto più “rilassati” su questo tema rispetto ai “colleghi” di altre nazioni.

I giovani sono più attenti al tracciamento

Le persone tra i 25 e i 34 anni registrano la percentuale più alta (45%) di coloro che hanno modificato le impostazioni del browser per limitare i cookie. Inoltre, l’uso di software che riduce la capacità di tracciare le attività online è più elevato (24%) tra coloro che hanno tra i 16 e i 24 anni.

Questi dati sono stati diffusi in occasione del Safer Internet Day, l’evento celebrato il 6 febbraio per promuovere l’importanza della protezione della privacy online, ed evidenziano come la gestione dei cookie varino tra i paesi dell’UE.

Travel: nel 2023 gli acquisti digitali valgono 20,4 miliardi 

Grazie all’e-commerce il turismo in Italia continua il suo percorso di ripresa, superando i livelli pre-Covid e raggiungendo quota 36,6 miliardi di euro (+10% vs 2019, +13% vs 2022). 
Nell’arco di 4 anni gli acuisti digitali aumentano di 12 punti l’incidenza sul settore travel. Nel 2023 il canale digitale vale 20,4 miliardi, il 56% del totale.

Anche il turismo organizzato nel 2923 vive un forte rimbalzo rispetto al 2022, con valori che tornano in linea con quelli pre-pandemia.
Il tour operating cresce infatti del 40%, mentre quello delle agenzie di viaggio del 26%. 
La decima edizione dell’Osservatorio Travel Innovation della School of Management del Politecnico di Milano per il 2024 stima un risultato compreso fra 37,2 e 41,2 miliardi.

Trasporti: oltre 7 euro su 10 derivano dall’e-commerce

Anche i trasporti dimostrano il pieno recupero dalla pandemia, raggiungendo un totale di 23,8 miliardi di euro nel 2023 e una previsione di crescita media del 12% per il 2024. Più in particolare, del 6% nello scenario pessimistico e del 18% in quello ottimistico.

Anche in questo caso è la componente digitale a trainare il settore. Nel 2023, con un totale di 16,9 miliardi di euro, oltre 7 euro su 10 spesi nell’ambito dei trasporti (71%) derivano infatti dall’e-commerce.

La mobility recupera all’insegna della flessibilità

Il mercato della mobilità turistica nel 2023 supera del 9% i valori del 2019, per un totale di 23,8 miliardi di transato.
Rispetto al 2022 cresce la componente e-commerce, che oggi vale 16,9 miliardi (71% del mercato), trainata dalla ripresa dei voli aerei.

Quanto ai canali di vendita, si confermano predominanti le prenotazioni digitali dirette, che pesano l’86% del valore e-commerce, rispetto al 14% di quelle intermediate.
In leggero aumento anche il transato tramite online travel agency (OTA) e altri intermediari online (34%). 

L’AI al servizio delle agenzie di viaggio

Le agenzie di viaggio cominciano a utilizzare strumenti di AI per creare contenuti, svolgere attività di marketing, gestire la relazione con il cliente e creare nuovi itinerari, sebbene manchi ancora una piena conoscenza di questi strumenti.

Le agenzie di viaggio offrono in modo piuttosto diffuso anche soluzioni di flessibilità nei pagamenti, come il buy-now-pay-later (18%).
A fine 2022 le aziende del turismo organizzato, tramite un capitolo dedicato del PNRR, hanno avuto la possibilità di presentare domanda per l’accesso al credito d’imposta per la digitalizzazione, con una dotazione finanziaria complessiva di 19 milioni di euro. L’opportunità è stata sfruttata da circa un’agenzia su quattro, principalmente per innovare soluzioni hardware (81%) e software (67%).

Patente di guida? Gli italiani sono “ritardatari”

L’età media in cui gli italiani ottengono la patente di guida si è alzata. Proprio questo singolare tema è stato è stato oggetto di un’indagine commissionata da Facile.it a mUp Research e Norstat. Secondo i risultati, gli automobilisti italiani conseguono la licenza di guida in media appena prima di compiere 20 anni, precisamente a 19 anni e 10 mesi.

Analizzando più nel dettaglio, il 50% dei partecipanti ha ottenuto la patente a 18 anni, il 23% a 19 anni e il 10% a 20 anni, mentre solo uno su sei l’ha conseguita dopo aver compiuto i 21 anni. Sebbene oltre il 90% degli italiani tra i 18 e i 74 anni abbia la patente, con il 94% nel campione maschile e il 90% in quello femminile, emerge che gli uomini la ottengono in media quasi un anno prima rispetto alle donne, a 19 anni e 5 mesi contro i 20 anni e 4 mesi delle intervistate.

L’auto non è più un status symbol?

L’auto, tradizionalmente considerata uno status symbol, per le nuove generazioni sembra invece assumere un nuovo valore.  Un’indagine condotta su un campione di 17enni rivela che solo la metà di loro ha l’intenzione di ottenere la patente non appena raggiunta la maggiore età. Il 32% dichiara di volerla ottenere, ma con calma, mentre il 10% non ha intenzione di farlo, preferendo mezzi di trasporto alternativi che non richiedono la patente.

Il Nord? Più rilassato e attento ai mezzi alternativi

In termini geografici, emerge che al Sud e nelle Isole la percentuale di giovani desiderosi di ottenere la patente è del 63%, mentre al Nord la situazione è più rilassata, con il 39% che dichiara di prendersi il proprio tempo.

A livello nazionale, se si restringe l’analisi alla fascia di età 18-24 anni, la percentuale di coloro che detengono la patente scende al 73%, e i dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti indicano un costante calo nel numero di patenti emesse ai giovani nel corso degli ultimi 10 anni.

Sempre meno giovani desiderosi di mettersi al volante

Insomma, il fascino della guida sembra un po’ sbiadire. Nel 2022, su circa 1,1 milioni di patenti emesse, il 62% era destinato a coloro sotto i 21 anni, una percentuale in calo rispetto al 73% registrato nel 2013. Questi dati suggeriscono una tendenza in diminuzione nell’interesse dei giovani italiani nel conseguire la patente di guida.