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Earth Day 2024: allarme immobilismo per il cambiamento climatico

È quanto emerge dall’indagine condotta da Ipsos in occasione della Giornata Mondiale della Terra 2024: il sentimento di impotenza e disillusione è sempre più diffuso nei confronti della lotta alla crisi climatica. Il cambiamento climatico è un problema così grande che in molti pensano di non poter fare la differenza. 

Secondo l’indagine Ipsos, che ha coinvolto 33 Paesi, tra cui l’Italia, la fiducia nei piani governativi per affrontare il cambiamento climatico è in caduta libera dal 2022.
Infatti, il 63% degli intervistati a livello globale e il 66% degli italiani ritiene che i propri governi dovrebbero fare di più per contrastare la crisi climatica.

I giovani sono i più scoraggiati 

Secondo l’indagine, un terzo dei giovani si sente inerme di fronte al cambiamento climatico, con il 32% dei Millennials e i l 30% dei ragazzi della GenZ che ritengono sia ormai troppo tardi per agire.
A questa sensazione di impotenza si somma una scarsa comprensione di quali azioni individuali potrebbero avere un impatto maggiore sull’ambiente. Nonostante un miglioramento generale della consapevolezza, le persone continuano a fare errori nel valutare le azioni domestiche che hanno il maggiore impatto sulla riduzione delle emissioni di carbonio. 

Le persone tendono a sovrastimare l’efficacia di azioni a basso impatto, come il riciclo. Ad esempio, per molto tempo si è creduto che riciclare le bottiglie di plastica avesse un impatto molto grande, ma recenti studi hanno messo in dubbio la validità di questa convinzione.

L’abbandono dei combustibili fossili e la transizione alle energie rinnovabili

L’allontanamento dai combustibili fossili è un altro tema critico confermato dalla ricerca Ipsos. I timori per il costo della vita nei Paesi sviluppati potrebbero ostacolare la transizione alle energie rinnovabili. Infatti, sebbene molti riconoscano l’importanza di abbandonare i combustibili fossili, le preoccupazioni più ampie in alcuni Paesi potrebbero rallentare la transizione. 

In media, si pensa che il passaggio alle energie rinnovabili avrà un impatto positivo sulla qualità dell’aria (65%), sulla natura (63%) e sulla lotta al cambiamento climatico (63%). Tuttavia, questo dato nasconde differenze di atteggiamento a livello nazionale. L’talia, ad esempio, appare più scettica, con percentuali rispettivamente del 58%, 52% e 53%.

La paura legata ai costi della transizione 

Nonostante i tassi di inflazione siano in calo a livello globale, la convinzione che la transizione dai combustibili fossili possa avere un impatto negativo sul costo della vita rimane forte, con il 29% a livello globale, il 37% nei Paesi del G7, e punte del 47% in Germania e del 42% in Canada.

Per rendere la transizione più facile ed economica, l’indagine Ipsos suggerisce che incentivi finanziari e accesso alle informazioni potrebbero spingere le persone a fare di più per il clima.
Queste sono le principali motivazioni sia a livello globale (39% e 37%), che in Italia (42% e 29%), seguite dal fatto di vedere direttamente le conseguenze di disastri ambientali nel proprio Paese (35% a livello globale e 27% in Italia).

Il contante inquina: quanto pesa sull’ambiente?

Il contante inquina il 21% in più del digitale: la salute del Pianeta passa anche da come paghiamo quello che compriamo. Un problema soprattutto per l’Italia, dove i pagamenti cashless faticano ad attecchire per ragioni culturali, pregiudizi, e in alcuni casi, anche per ragioni molto poco nobili, come il ‘nero’. Siamo infatti il secondo Paese in Europa per le emissioni generate dai pagamenti con banconote e monete, circa 2,7 kg a testa per un totale di oltre 160,8 mila tonnellate di Co2.

Quanto al primo Paese dove il contante inquina di più, a sorpresa, è la Germania. 
Emerge dal Rapporto 2024 della Community Cashless Society, piattaforma creata da The European House – Ambrosetti (TEHA) dedicata a contenuti, idee e iniziative business circa i pagamenti elettronici.

Italia ancora troppo poco cashless

Un pagamento cashless è la movimentazione di denaro in modo digitale, oppure un pagamento di beni o servizi effettuato senza contante o assegni ma attraverso forme di pagamento elettronico, come carte di debito o credito, ma non solo.

Secondo un’elaborazione di TEHA, l’Italia nel 2023 è ancora tra le 30 peggiori economie al mondo su 144 per dipendenza dal contante.
Esiste infatti un indicatore apposito, il Cash Intensity Index, che mette in relazione l’incidenza di banconote e monete rispetto al Prodotto Interno Lordo (PIL) dei principali Paesi. L’anno scorso, l’Italia è passata, peggiorando, dal 29° al 28° posto.

Perché il contante inquina

Ma perché il contante inquina? I motivi sono molti e riguardano il ciclo di vita del denaro, a cominciare dalla produzione delle banconote, che richiede materie prime quali rame, nichel e acciaio, la cui estrazione consuma molta energia e risorse naturali, provocando allo stesso tempo danni all’ambiente e generando emissioni di gas serra.
Per realizzarle, inoltre, sono necessarie sostanze chimiche tossiche, che diventano scarti altrettanto tossici da gestire.

Si prosegue con il trasporto e la distribuzione, che provocano Co2, e si finisce con lo smaltimento, altro momento critico visto che le banconote logore e distrutte, da sostituire, diventano un rifiuto speciale che va trattato con particolari accorgimenti.

Un’impronta ambientale media pari a 101 μPt a testa

La Banca d’Italia, nel suo annuale Report di Sostenibilità, dedica un capitolo proprio a questi aspetti e alle azioni messe in atto per ridurre l’impatto ecologico del contante.
La BCE ha calcolato che l’impronta ambientale media dei pagamenti mediante banconote nel 2019 è stata pari a 101 micropunti (μPt) per cittadino dell’area euro. Una cifra equivalente a 8 km percorsi in auto.

Dal Rapporto TEHA, come riferisce Adnkronos, emerge tuttavia che in Italia il cashless sta accelerando. Ma ci sono ancora molte resistenze ad abbandonare il contante. Una survey condotta in occasione del report su 500 esercenti indica che 8 su 10 accettano i pagamenti digitali, e che la spinta viene dai clienti. Il 58% ha introdotto forme immateriali di pagamento proprio per soddisfare le richieste degli acquirenti e non per iniziativa propria.

Gender Equality: anche nel 2024 sicurezza e pari opportunità sono le sfide principali 

In occasione della giornata internazionale della donna, che si celebra in tutto il mondo l’8 marzo, viene realizzata ogni anno l’indagine annuale WIN World Survey realizzata da WIN-Worldwide Independent Network of Market Research, di cui fa parte BVA Doxa come responsabile per l’Italia.

Anche l’edizione 2024 della ricerca affronta i temi della sicurezza, dell’opportunità di carriera e dello stipendio, ma tra i principali punti sul tema della gender equality emergono anche vite segnate da episodi di violenza fisica e psicologica. 
I dati rilevati sono il frutto della raccolta e analisi delle opinioni di circa 34mila persone in 39 Paesi.

Italia all’ottavo posto nella classifica dei paesi più insicuri per le donne

Le donne di tutto il mondo stanno ancora affrontando un percorso in salita per l’uguaglianza e la sicurezza.
In particolare, i numeri relativi alla sicurezza sono decisamente critici in alcuni paesi del mondo. In Italia, ad esempio, la paura nel camminare la sera tardi nella propria zona viene dichiarata da 6 donne su 10.

E se in Europa, Italia (63%), Grecia (62%) e Irlanda (58%) riportano la percentuale più alta di donne che si sentono insicure, anche in Francia (54%) e nel Regno Unito (50%) la situazione è preoccupante.
Quelli sulla sicurezza sono dati che purtroppo pongono l’Italia all’ottavo posto nella classifica dei paesi percepiti più insicuri, preceduta solo da paesi del Centro/Sud America, come Cile (83%), Messico (81%), Ecuador (75%).

In Nigeria il tasso di violenza sulle donne è al 74%

Sempre in Italia 1 donna su 5 (20%) ha subito qualche forma di violenza fisica o psicologica nel corso del 2023. Il dato aumenta fra le più giovani, con il 31% nella fascia d’età 18-24 anni, e fra le residenti nelle regioni del Nord-Ovest (28%).

Nella classifica globale dei paesi col maggior tasso di violenza sulle donne (dominata dalla Nigeria, con uno spaventoso 74%) l’Italia è al quattordicesimo posto (20%), fra i 39 paesi coinvolti. La Grecia è al quarto posto (31%).
Il 7% delle donne italiane dichiara di aver subito molestie sessuali durante l’ultimo anno. Emergono differenze secondo le fasce d’età (12% fra 18-44 anni vs 2% dai 45 anni in su), e fra Nord e Centro-Sud (9% vs 5%).  

Parità di genere: sul lavoro c’è ancora tanto da fare

Se gli uomini nel 47% dei casi sono concordi nel ritenere che la parità sul lavoro sia stata raggiunta, solo il 29% delle donne è di questo avviso.
Il 44% della popolazione globale ritiene ancora che le donne abbiano meno opportunità di lavoro rispetto agli uomini.

In Europa (66%) e nelle Americhe (54%) questa percentuale è la più alta. In Italia, l’80% delle donne pensa di avere minori opportunità di carriera rispetto ai colleghi uomini. Un dato che ci pone al secondo posto della classifica, preceduti solo dalla Croazia (81%) e seguiti dalla Francia (75%). E il 56% delle donne che lavorano ritiene di guadagnare meno dei colleghi uomini.

Frodi informatiche, quali sono i settori più colpiti in Italia? 

Le frodi informatiche su piattaforme come Facebook, Whatsapp e di criptovalute stanno registrando una crescita significativa. Lo evidenzia l’ultimo report sulla sicurezza informatica di Swascan, del Gruppo Tinexta. Gli strumenti digitali maggiormente bersagliati sono quelli che vengono utilizzati quotidianamente, come il pacchetto Office 365 (17,8%), seguito da Facebook (11,5%) e WhatsApp (3,9%).

Tra l’altro, riferisce Adnkronos, l’Italia ha il triste primato di  essere uno dei cinque paesi più colpiti a livello mondiale dagli attacchi ransomware, un tipo di programma malevolo che può infettare dispositivi come PC, tablet, smartphone o smart TV, bloccando l’accesso ai contenuti fino al pagamento di un riscatto.

Gli attacchi si concentrano sui programmi e app di uso comune

Programmi software diffusissimi, social network, app di messaggistica istantanea e criptovalute sono sempre più oggetto di attacchi da parte dei criminali informatici, che agiscono attraverso il phishing. Il report Threatland di Swascan indica che i programmi più colpiti a livello globale sono Office 365 (17,8%), Facebook (11,5%), WhatsApp (3,9%), Outlook (2,4%) e Crypto/Wallet (2,1%), che rappresentano i primi cinque bersagli preferiti dagli hacker.

Il phishing è il reato più diffuso a livello globale

Il phishing, che sfrutta tecniche sofisticate per inviare e-mail, SMS o comunicazioni ingannevoli, è la tipologia di attacco informatico più diffusa a livello mondiale. Nel secondo semestre del 2023, sono stati registrati ben 448.665 portali dedicati al phishing in tutto il mondo. Pierguido Iezzi, CEO di Swascan, ne sottolinea la rapida evoluzione: gli attacchi sono sempre più subdoli e aggressivi grazie ai progressi dell’Intelligenza Artificiale.

Le aziende devono investire in cybersicurezza

Iezzi ritiene che la cybersecurity sia diventata una priorità ineludibile, e le aziende devono investire per rafforzare le misure di sicurezza dei loro sistemi informatici. Il ceo sottolinea anche l’importanza di collaborazioni tra pubblico e privato, incentivi e agevolazioni per sostenere le organizzazioni, specialmente le PMI.

Per quanto riguarda gli attacchi ransomware registrati in Italia nel 2023, il 77% delle vittime sono piccole e medie imprese con fatturato inferiore ai 250 milioni di dollari. Il rapporto evidenzia che nel secondo semestre gli attacchi sono aumentati del 44%, portando l’Italia dal 11° al 5° posto tra i paesi più colpiti al mondo, con 88 attacchi totali. Lockbit è la gang di hacker più attiva a livello globale, con 526 attacchi, di cui 18 in Italia.

I settori più “sensibili”

I settori più colpiti in Italia sono servizi (21%) e manifatturiero (20%), seguiti da sanità (11%) e tech (9%). Gli attacchi coinvolgono principalmente aziende con 1-50 dipendenti, concentrate nel Nord (56%) e nel Centro Italia (37%). 

Privacy online nell’UE: quali sono le differenze fra vari Paesi nell’uso dei cookie? 

La privacy online è un tema sempre più diffuso fra gli utilizzatori della rete, che sono sempre più informati e consapevoli in merito. Tanto che, nel 2023, il 36% dei cittadini dell’Unione Europea, di età compresa tra i 16 e i 74 anni, ha dichiarato di aver modificato le impostazioni del browser Internet per impedire o limitare l’uso dei cookie. Tuttavia, solo il 21% utilizza software specifico che limita la capacità di tracciare le proprie attività online.

L’indagine di Eurostat, condotta a livello europeo, ha coinvolto persone che hanno utilizzato Internet nei tre mesi precedenti alle interviste. Eppure solo il 21% utilizza software specifico che limita la capacità di tracciare le proprie attività online.

In Finlandia due cittadini su 3 limitano i cookie

Rispetto alla media dell’UE, la Finlandia si distingue con il 66% degli utenti di Internet che ha adottato misure per limitare i cookie, seguita dai Paesi Bassi con il 56%, il Lussemburgo con il 47%, la Danimarca con il 46% e la Germania con il 45%. Dall’altra parte della classifica, con percentuali molto più basse di cittadini che adottano misure di protezione, si collocano Romania e Bulgaria (12%), Cipro (20%), Slovenia (26%) e Italia (27%).

Paese che vai, protezione che trovi

Tra i paesi dell’UE, in Belgio quasi la metà degli utenti di Internet (49%) è attenta al tracciamento online e utilizza software per limitare la capacità di monitorare le attività online. Questa tendenza è seguita da Malta (38%), Paesi Bassi e Croazia (entrambi 32%) ed Estonia (31%).

In contrapposizione, Cipro (3%), Bulgaria (7%), Romania e Italia (12%) e Lettonia (13%) mostrano percentuali più basse di utilizzo di software di questo tipo. Insomma, gli italiani si rivelano molto più “rilassati” su questo tema rispetto ai “colleghi” di altre nazioni.

I giovani sono più attenti al tracciamento

Le persone tra i 25 e i 34 anni registrano la percentuale più alta (45%) di coloro che hanno modificato le impostazioni del browser per limitare i cookie. Inoltre, l’uso di software che riduce la capacità di tracciare le attività online è più elevato (24%) tra coloro che hanno tra i 16 e i 24 anni.

Questi dati sono stati diffusi in occasione del Safer Internet Day, l’evento celebrato il 6 febbraio per promuovere l’importanza della protezione della privacy online, ed evidenziano come la gestione dei cookie varino tra i paesi dell’UE.

Patente di guida? Gli italiani sono “ritardatari”

L’età media in cui gli italiani ottengono la patente di guida si è alzata. Proprio questo singolare tema è stato è stato oggetto di un’indagine commissionata da Facile.it a mUp Research e Norstat. Secondo i risultati, gli automobilisti italiani conseguono la licenza di guida in media appena prima di compiere 20 anni, precisamente a 19 anni e 10 mesi.

Analizzando più nel dettaglio, il 50% dei partecipanti ha ottenuto la patente a 18 anni, il 23% a 19 anni e il 10% a 20 anni, mentre solo uno su sei l’ha conseguita dopo aver compiuto i 21 anni. Sebbene oltre il 90% degli italiani tra i 18 e i 74 anni abbia la patente, con il 94% nel campione maschile e il 90% in quello femminile, emerge che gli uomini la ottengono in media quasi un anno prima rispetto alle donne, a 19 anni e 5 mesi contro i 20 anni e 4 mesi delle intervistate.

L’auto non è più un status symbol?

L’auto, tradizionalmente considerata uno status symbol, per le nuove generazioni sembra invece assumere un nuovo valore.  Un’indagine condotta su un campione di 17enni rivela che solo la metà di loro ha l’intenzione di ottenere la patente non appena raggiunta la maggiore età. Il 32% dichiara di volerla ottenere, ma con calma, mentre il 10% non ha intenzione di farlo, preferendo mezzi di trasporto alternativi che non richiedono la patente.

Il Nord? Più rilassato e attento ai mezzi alternativi

In termini geografici, emerge che al Sud e nelle Isole la percentuale di giovani desiderosi di ottenere la patente è del 63%, mentre al Nord la situazione è più rilassata, con il 39% che dichiara di prendersi il proprio tempo.

A livello nazionale, se si restringe l’analisi alla fascia di età 18-24 anni, la percentuale di coloro che detengono la patente scende al 73%, e i dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti indicano un costante calo nel numero di patenti emesse ai giovani nel corso degli ultimi 10 anni.

Sempre meno giovani desiderosi di mettersi al volante

Insomma, il fascino della guida sembra un po’ sbiadire. Nel 2022, su circa 1,1 milioni di patenti emesse, il 62% era destinato a coloro sotto i 21 anni, una percentuale in calo rispetto al 73% registrato nel 2013. Questi dati suggeriscono una tendenza in diminuzione nell’interesse dei giovani italiani nel conseguire la patente di guida.

Super sconti on line: cosa guida le scelte dei consumatori?

La recente ricerca globale intitolata “Il gioco dei super saldi: chi è il vincitore? Uno studio su come compriamo e paghiamo,” commissionata da Arlington Research per conto di Kaspersky, si propone di esplorare le opinioni dei consumatori e il loro comportamento d’acquisto durante eventi promozionali come il Black Friday e il Cyber Monday.

L’88% degli acquisti avviene durante il Black Friday e il Cyber Monday

Secondo i risultati dell’indagine condotta da Kaspersky, in Europa l’88% degli acquisti avviene spontaneamente durante il Black Friday e il Cyber Monday. Sorprendentemente, i social media giocano un ruolo significativo nei risultati delle vendite, con il 45% dei follower che cerca di ottenere le offerte speciali consigliate dai loro influencer e blogger online preferiti. A livello globale, le donne (22%) emergono come acquirenti più attente ai super saldi rispetto agli uomini (17%), e la stragrande maggioranza degli intervistati (69%) è disposta ad aspettare questi grandi eventi per ottenere le migliori offerte.

Il Black Friday e il Cyber Monday sono diventati appuntamenti di vendita di grande popolarità a livello mondiale, coinvolgendo milioni di consumatori. Le vendite online del Black Friday sono cresciute del 3,5%, raggiungendo i 65,3 miliardi di dollari a livello globale nel 2022. Inoltre, i consumatori hanno speso 1,14 migliaia di miliardi di dollari online durante le festività, come evidenziato dall’indagine di Salesforce sul resoconto delle vendite. Kaspersky ha esplorato il comportamento degli utenti in relazione a queste importanti ricorrenze di vendita.

Si compra anche ciò… che non serve

I risultati dell’indagine rivelano che la maggior parte dei consumatori cede alle offerte promozionali durante il Black Friday o il Cyber Monday, acquistando spesso qualsiasi cosa, indipendentemente dalle intenzioni iniziali. In Europa, l’88% degli intervistati acquista spontaneamente in questi giorni, di cui il 50% lo fa spesso o addirittura sempre. Blogger, amici e parenti influenzano notevolmente gli acquisti impulsivi, con il 45% dei partecipanti disposto a comprare un prodotto consigliato dai blogger e il 40% a seguire suggerimenti da amici o familiari.

Globalmente, le donne risultano essere le più propense a fare shopping durante i super saldi, con il 22% che afferma di fare sempre acquisti impulsivi durante il Black Friday e il Cyber Monday, rispetto al 17% degli uomini. Il 23% degli intervistati di età compresa tra i 25 e i 34 anni dichiara di comprare sempre qualcosa in modo spontaneo durante questi eventi, una percentuale significativamente maggiore rispetto agli altri gruppi di età.

Gli utenti aspettano pur di risparmiare

Riguardo all’importanza dei grandi eventi promozionali, il 60% degli europei è disposto ad aspettare il Black Friday o il Cyber Monday per ottenere le migliori offerte. Mentre il 64% dei consumatori pianifica anticipatamente i propri acquisti importanti nel periodo precedente a questi eventi, cercando di massimizzare gli sconti e le offerte speciali.

Marina Titova, Vice-President, Consumer Product Marketing di Kaspersky, ha commentato l’entusiasmo senza precedenti per lo shopping online e offline durante il Black Friday e il Cyber Monday in Europa. Ha sottolineato l’importanza della sicurezza nei pagamenti online e ha consigliato l’utilizzo di soluzioni come Kaspersky Premium per proteggere i dati personali e finanziari, evitando potenziali truffe online.

Imprese: in 10 anni un quarto di giovani impiegati in meno

L’Italia sta invecchiando, e anche l’impresa mostra una progressione verso la terza età. Nell’Italia delle imprese sempre meno giovani occupano i centri decisionali.
Le elaborazioni di Unioncamere e InfoCamere sul totale di chi ricopre una carica all’interno delle aziende italiane, ovvero, titolari, amministratori o soci, mostrano come in 10 anni la presenza di over70 sia aumentata di un quarto, più o meno nella stessa proporzione in cui è diminuita quella dei giovani tra 18-29 anni.

Nelle due classi di età mediane, quella dei 30-49enni e dei 50-69enni, si incontrano invece la riduzione percentuale maggiore e l’aumento maggiore in valore assoluto.
Tra il 2014 e il 2023 i primi sono scesi del 28%, per oltre 1 milione e 100mila cariche in meno rispetto a 10 anni fa, e i secondi, con quasi 600mila cariche in più, evidenziano una variazione positiva del 15,3%.

Un bilancio negativo in tutti i settori

Ma non è solo colpa della ‘demografia’.
“Bisogna semplificare tutte le procedure che ancora oggi frenano il fare impresa in Italia, e che sono vissute come un fardello troppo pesante, soprattutto dai più giovani – commenta il Presidente di Unioncamere, Andrea Prete -: ben 7 imprese under35 su 10 vedono nella burocrazia l’ostacolo maggiore all’utilizzo delle risorse del PNRR”.

Inoltre, il bilancio della presenza giovanile nell’impresa, in discesa di quasi 110mila unità in un decennio, è negativo in tutti i settori, a eccezione dell’Agricoltura, che segna un +12,8% per le cariche dei 18-29enni (oltre 4mila posizioni in più) e delle Attività professionali, scientifiche e tecniche (+27,7%, per 3.300 imprese in più).

Raddoppiano le cariche per over 70 e over 50

In misura più modesta, le cariche occupate dai 18-29enni crescono anche nell’Istruzione (+6%, +100) e nelle Attività finanziarie e assicurative (+3,3%, +300).
Il crollo dei 30-49enni invece è deciso in tutti i settori. Nella manifattura si registra la variazione più negativa (-42,5%), nel Commercio, la riduzione maggiore in valori assoluti (-317mila cariche).

Gli over70, invece, che oggi occupano 268mila cariche in più dal 2014, così come gli over50 (quasi +600mila), aumentano in tutti i settori, con incrementi quasi sempre a due cifre.

Largo ai giovani solo in Trentino Alto Adige

I dati più elevati sono però quelli del Noleggio, agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese (over50 +50,6%, over70 quasi +70%), dell’Istruzione (+36,8%, +51,5%), e della Sanità (+40,2%, +72,4%). 

A livello territoriale, a eccezione del Trentino Alto Adige, dove i 18-29enni sono aumentati del 3,9%, è nelle regioni del Mezzogiorno, a partire da Molise, Abruzzo, Calabria e Sicilia, che si contano le perdite maggiori. 
Calabria, Sicilia e Abruzzo sono le regioni in cui, invece, la popolazione dell’impresa over70 cresce di più. Calabria, Campania e Toscana, quelle in cui crescono i 50-69enni con ruoli apicali. 

Videogiochi: gli anti-stress preferiti dagli italiani

Per circa 7 italiani su 10 i videogiochi sono un valido strumento per combattere lo stress. Inoltre, quasi 6 italiani su 10 ritengono che i videogiochi siano in grado di ridurre l’ansia, mentre poco meno della metà afferma che possono aiutare a combattere la solitudine.

Lo rivela un sondaggio dal titolo ‘The power of game’, condotto in Italia da IIDEA, che fa parte di Video Games Europe, su un campione di circa 13mila videogiocatori provenienti da 12 Paesi, di cui circa mille giocatori italiani.
Lo studio ha coinvolto giocatori provenienti da Australia, Brasile, Canada, Corea del Sud, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Polonia, Spagna, Stati Uniti e Italia.

Effetti positivi sulla salute mentale 

Secondo i partecipanti a livello globale i videogiochi stimolano la mente (70%), favoriscono la connessione tra persone diverse (78%) e offrono esperienze accessibili a persone con abilità diverse (75%).

E secondo i partecipanti italiani, in particolare, i videogiochi hanno un effetto positivo sulla riduzione dello stress (69%), dell’ansia (58%) e della solitudine (45%).
Insomma, i videogiochi possono avere effetti positivi sulla salute mentale, riporta Ansa.

Benefici sociali ed emotivi condivisi a livello globale

Dallo studio emerge, quindi, come i videogiochi possano fornire ai giocatori una serie di benefici sociali ed emotivi condivisi a livello globale.

Nello specifico, i videogiochi sono un efficace strumento per ridurre lo stress a tutti i livelli per le donne (54%) più che per gli uomini (47%), e soprattutto nella fascia di età 25-34 anni (55%).
In più, aiutano ad affrontare le sfide di ogni giorno (66%) e a sentirsi più felici (48%).
Talvolta sono anche terapeutici, dal momento che per 4 intervistati su 10 sono stati utili a superare momenti difficili.

Ma cosa spinge a videogiocare? Divertirsi, ovvio  

I videogiochi, poi, rinforzano skills e attitudini. Migliorano la creatività (69%), aiutano a sviluppare le competenze cognitive (68%), agevolano il lavoro di squadra (63%), affinano le competenze linguistiche (63%) e, in generale, stimolano la flessibilità (59%).

Quanto alle ragioni che spingono gli italiani a videogiocare, se per la maggior parte (65%) sono un modo per passare il tempo, divertirsi (63%) è un’ottima ragione per farlo, e 6 intervistati su 10 pensano che esista un videogioco adatto per tutti.
Rispetto alle abitudini di gioco, riferisce ItaliaInforma, il 71% del campione italiano valuta positivamente la propria esperienza di gioco online, che quando si sceglie di giocare in compagnia spesso viene preferito al gioco in presenza. 

Lavoro: se il cane è in ufficio personale più felice e aziende più attrattive

Aprire gli uffici ai cani avrebbe ricadute positive sia sull’umore delle persone sia sulle aziende.
La metà dei lavoratori italiani, che siano pet parents o meno, crede, infatti, che la presenza di cani migliori l’umore complessivo dell’ufficio (47%). Percentuali leggermente inferiori ritengono inoltre che diminuisca lo stress (42%) e che favorisca le occasioni di connessione con i colleghi (40%).
Due proprietari di cani su 3 vorrebbero poi poter godere della compagnia del proprio amico a quattro zampe anche in ufficio (64%). E quasi la metà ritiene che le aziende dovrebbero organizzarsi a tale scopo (48%). 

Più creatività e produttività, migliore employer branding

Si tratta di alcuni risultati emersi dall’indagine Gli uffici pet-friendly nell’era odierna post pandemia, condotta da Swg e commissionata dal Gruppo Mars, che in Italia è rappresentato dalle aziende Mars, Royal Canin e AniCura. Tra gli altri vantaggi evidenziati dalla ricerca, poter portare i cani un ufficio aumenterebbe la creatività (31%) e la produttività (27%), ma, soprattutto, l’azienda risulterebbe più attrattiva in un’ottica di employer branding (30%). Eppure, la possibilità di far accedere su base regolare il proprio pet negli uffici è una realtà solo in 1 caso su 10, mentre nella maggioranza dei casi non è mai permesso (55%) o non sono state stabilite regole a riguardo (27%).

Anche chi non lo possiede gradirebbe la compagnia del pet

Tutto questo, nonostante tra chi non possiede un cane, una persona su 3 (il 33%) avrebbe piacere a godere della presenza di pet sul luogo di lavoro. E anche chi inizialmente si è dichiarato contrario (34%) sarebbe disposto a cambiare idea qualora i cani avessero chiari spazi a cui accedere (32%), fossero vaccinati (14%), o l’azienda prevedesse policy di regolamentazione (12%).

Incoraggiare le politiche pet-friendly su larga scala nel mondo del lavoro

I dati dall’indagine sono stati presentati nell’ambito del workshop Pet Vibes, Better Office. L’obiettivo è portare avanti il percorso di incoraggiamento dell’adozione di politiche pet-friendly su larga scala nel mondo del lavoro, condividendo consigli e linee guida su come implementare queste pratiche.
Un appuntamento pensato in vista della Giornata mondiale degli animali, prevista il 4 ottobre, coincidente con la festa del patrono S. Francesco d’Assisi, protettore degli animali. Il Gruppo Mars, riferisce Adnkronos, è pioniere nelle politiche pet-friendly, e tutti i suoi uffici possono accogliere gli amici a quattro zampe, coerentemente con il più ampio impegno di creare città più a misura di animali.