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Data-stealing: nel 2023 compromessi 10 milioni di dispositivi 

Secondo il Kaspersky Digital Footprint Intelligence, presentato in occasione del ‘Privacy Tour 2024’, nel 2023, sono stati compromessi da malware data-stealer circa 10 milioni di dispositivi personali e aziendali, +643% negli ultimi tre anni.
Sebbene il numero di file di log, quindi di infezioni, nel 2023 abbia subito un calo del -9% rispetto al 2022, questo non implica che la richiesta di login e password da parte dei criminali informatici sia diminuita.

È infatti possibile che alcune credenziali compromesse siano state divulgate nel dark web nel corso del 2024, ed è probabile che il numero effettivo di infezioni sia ancora più alto: circa 16 milioni. 
In ogni caso, i dati sui dispositivi infetti derivano dalle statistiche dei file di log dei malware infostealer attivamente scambiati nei mercati illeciti.

Il dominio .it al terzo posto per account rubati

La vendita di credenziali di accesso compromesse rappresenta una parte significativa del mercato del dark web.
In media i criminali informatici rubano 50,9 credenziali di accesso per ogni dispositivo infetto, utilizzandole per attacchi informatici, vendita o distribuzione gratuita sui forum del dark web e i canali shadow di Telegram.

Negli ultimi 5 anni 443.000 siti web in tutto il mondo hanno subito le violazioni delle credenziali.
Per quanto riguarda il numero di account compromessi da infostealer nel 2023, il dominio .com è al primo posto (quasi 326 milioni), mentre in Europa, il dominio .it, associato all’Italia, si classifica al terzo posto (4,2 milioni), dopo Francia (4,5) e Spagna (4,4).

Furto di credenziali per servizi AI

I dati per accedere alle infrastrutture aziendali sono molto diffusi sul dark web: tra gennaio 2022 e novembre 2023 si contano oltre 6.000 messaggi (+16% al mese).
La crescente diffusione di strumenti basati sull’AI, poi, non è passata inosservata ai cyber criminali, e il furto di credenziali per i servizi AI è una tendenza in crescita.

Negli ultimi tre anni, sono state compromesse con malware info-stealer 1.160.000 credenziali di accesso all’applicazione Canva, uno strumento di progettazione grafica basato sull’AI.

Il mercato del dark web dal punto di vista della domanda 

Anche OpenAI ha visto trapelare le credenziali degli utenti a causa di malware data-stealer. Quasi 668.000 credenziali per i servizi dell’azienda, tra cui ChatGPT, sono state compromesse tra il 2021 e 2023 e trovate su canali nascosti. 
In particolare, nell’ultimo anno il numero di login e password trapelate è aumentato di quasi 33 volte.

Il mercato del dark web per le credenziali può essere analizzato anche dal punto di vista della domanda di questi account, in particolare esaminando il numero di post in cui i criminali informatici offrono o cercano di acquistare file di log infostealer.
A marzo 2023, dopo il rilascio della quarta versione, la richiesta di account di ChatGPT da parte dei cyber criminali ha, registrato una crescita, stabilizzandosi allo stesso livello di altri servizi di AI.

Cybersicurezza: le previsioni degli esperti per il 2024

Cosa dobbiamo aspettarci per il 2024, e soprattutto, su quali assetti normativi, di gestione dei processi e innovazioni possiamo contare?
Rispondono tre esperti di cybersicurezza con capacità di analisi e predizione degli scenari nazionali, internazionali e di mercato.
Secondo Luisa Franchina, Presidente dell’Associazione Italiana esperti Infrastrutture Critiche, il 2023 si chiude con l’alba del nuovo mondo della certificazione di prodotto. Rispetto alle Pmi, grandi aziende italiane e Infrastrutture Critiche sono già preparate, e hanno costituito la massa critica della resistenza italiana contro gli attacchi cyber.

Se è vero che il 2023 si chiude con il purtroppo consueto aumento degli attacchi, è altresì da sottolineare un posizionamento diverso dell’area difensiva, sia governativa sia privata, a livello italiano ed europeo. Occorre quindi lavorare sulla diffusione delle competenze, la formazione di personale tecnico, e la creazione di capacità che possano consentire anche a Pmi e PA di impostare assetti strategici di security.

Dispositivi IoT sotto attacco

Per Alessio Aceti, ceo HWG Sababa, nel 2024 gli attaccanti sfrutteranno sempre più i dispositivi IoT delle organizzazioni, sia all’interno di botnet sia all’interno della rete dell’attaccato per poter scegliere tempi e modalità per sferrare attacchi più remunerativi.
I dispositivi IoT non sono quasi mai gestiti dai responsabili IT. Gli attaccanti sono quindi consapevoli che queste ‘porte’ sono meno presidiate dal lato security, e al contempo consentono accesso alla rete aziendale.

Ecco perché sarà necessario focalizzarsi sui sistemi IoT affrontando la gestione del ciclo di vita dei dispositivi, il tema delle vulnerabilità e quello della gestione delle identità e degli accessi privilegiati.

Nuovi rischi: AI e Smart City

Le città digitali del futuro porteranno poi con sé tanti vantaggi per i cittadini, ma anche nuovi rischi. L’evoluzione delle città, sempre più connesse, porterà inevitabilmente in primo piano la necessità di proteggere i servizi essenziali (reti elettriche e idriche, infrastruttura del trasporto pubblico e della smart mobility) dai potenziali attacchi dei cybercriminali.

Quanto all’impatto dell’Intelligenza artificiale, il suo utilizzo nel settore della cybersecurity sarà la necessaria evoluzione per contrastare attacchi sempre più pervasivi. E potrà consentire di affrontare un numero maggiore di minacce in modo pratico ed efficace.

La guerra dei dati

Secondo Lior Tabansky, Head of Research Development Interdisciplinary Cyber Research Center dell’Università di Tel Aviv, è il cellulare il nuovo punto di connessione critico con la rete esterna.

I principi di Zero Trust Security, riporta Adnkronos, prenderanno sempre più piede all’interno delle organizzazioni pubbliche e private, e la sicurezza dei dispositivi mobili diventerà il settore da rendere meno penetrabile. Ambito che riguarda l’utilizzo delle tecnologie per la gestione dei flussi di dati personali, dove la sicurezza è interamente basata sulla fiducia. Ma che coinvolge anche molti soggetti ‘partner’, primi fra tutti i giganti Google e Apple e ora anche Open AI, che tenteranno di esercitare un controllo sempre più in conflitto con i poteri giuridici dei singoli Paesi.

Insomma, tutte le grandi potenze mondiali cercheranno di avere una propria area specifica di influenza, azione e business anche all’interno del cyber spazio.

Cyber Week 2023, i “numeri” dell’Italia

Come sono andati gli ordini della Cyber Week 2023? A questa domanda risponde Salesforce, leader nel settore dell’AI CRM, ha reso noti i dati relativi alla Cyber Week 2023, analizzando gli acquisti di oltre 1,5 miliardi di consumatori sulla piattaforma Salesforce Customer 360.
Le vendite globali hanno registrato un aumento del 6% rispetto all’anno precedente, raggiungendo la cifra di 298 miliardi di dollari.

In Italia il giorno più performante è stato il Cyber Monday

In Italia, il Cyber Monday del 27 novembre è emerso come il giorno più performante della Cyber Week, con una crescita delle vendite online del 10% rispetto all’anno precedente. Mercoledì 22 novembre ha segnato il picco degli ordini, registrando un aumento del 17% rispetto al 2022. Nel complesso, il traffico online nel paese è cresciuto del 4%, confermando la predilezione italiana per l’utilizzo dei dispositivi mobili, con l’80% del traffico proveniente da mobile durante il Cyber Monday, in confronto al 75% a livello globale.

Complessivamente, la crescita è stata trainata principalmente dal volume degli ordini, segnando un aumento della domanda dei consumatori per la prima volta in più di cinque trimestri. Nonostante una costante presenza di promozioni iniziale, i consumatori più pazienti hanno beneficiato di offerte interessanti durante la Cyber Week. I dati dettagliati mostrano un aumento delle vendite digitali a livello globale del 6%, raggiungendo i 298 miliardi di dollari, e un incremento del traffico del 5%.

L’IA ha influenzato le vendite

L’intelligenza artificiale ha giocato un ruolo significativo, influenzando vendite online globali per 51 miliardi di dollari. I consumatori hanno preferito acquistare da dispositivi mobili, con il 79% del traffico e-commerce proveniente da telefoni cellulari, in crescita rispetto al 76% del 2022. Le campagne di marketing hanno sfruttato canali di comunicazione alternativi, con un aumento del 37% nei messaggi inviati tramite notifiche push, SMS e servizi di streaming (OTT).

Gli sconti, incrementati per soddisfare la domanda latente, hanno registrato un aumento medio del 27% a livello globale, con settori come il makeup (38%), l’abbigliamento (33%) e la cura della pelle (33%) in evidenza. La trasparenza sugli sconti ha portato a un minor numero di resi rispetto alla scorsa Cyber Week.

Nuove quote di mercato per i rivenditori monomarca

I rivenditori monomarca hanno conquistato quote di mercato, registrando una crescita online doppia rispetto ai rivenditori multimarca. Metodi di pagamento alternativi, come Buy Now Pay Later (BNPL), sono stati utilizzati per evitare attriti nel checkout, con un aumento dell’8% degli ordini su base annua. L’automazione ha svolto un ruolo chiave, con un aumento del 79% nei messaggi dei chatbot durante il Cyber weekend a livello globale.

Salesforce ha sostenuto il successo della Cyber Week con affidabilità, scalabilità e AI. Commerce Cloud ha gestito quasi 50 milioni di ordini, Marketing Cloud ha inviato oltre 53 miliardi di messaggi di marketing, Service Cloud ha gestito oltre 3,7 miliardi di interazioni, e Salesforce ha fornito oltre 49 miliardi di raccomandazioni di prodotti basate sull’AI durante l’evento di shopping online più intenso dell’anno.

Cybersecurity: aumentano del 464% gli attacchi di phishing tramite e-mail

Secondo i risultati dell’ultimo Report Acronis sulle minacce digitali è il phishing il metodo più quotato dai criminali per scovare le credenziali di accesso. Nei primi sei mesi del 2023 il numero di attacchi phishing basati su e-mail aumenta del 464% rispetto al 2022, e aumentano del 24% gli attacchi subiti da ogni azienda.
Ma anche nel primo semestre 2023 è il ransomware il principale rischio per le piccole e medie imprese, e se il numero delle nuove varianti continua a diminuire, la gravità degli attacchi resta ancora molto alta. Preoccupa molto però anche la minaccia crescente dei data stealer, che sfruttano le credenziali rubate per l’accesso non autorizzato a informazioni sensibili.

Un panorama in costante evoluzione

Nei loro attacchi, i criminali informatici mostrano capacità sempre più sofisticate e utilizzano l’Intelligenza artificiale e il codice ransomware già esistente per penetrare in profondità nei sistemi delle vittime ed estorcere informazioni riservate. Il malware creato con l’AI è in grado di sfuggire agli antivirus tradizionali, e rispetto al 2022 aumentano in modo esponenziale i casi di ransomware pubblico. Gli endpoint monitorati da Acronis restituiscono dati preziosi sulle modalità di azione dei criminali, confermando la maggiore intelligenza, complessità e difficoltà di rilevamento di alcune tipologie di attacco.

AI complice inconsapevole dei cybercriminali

Nel primo trimestre 2023, Acronis ha bloccato circa 50 milioni di URL sugli endpoint, +15% rispetto all’ultimo trimestre 2022. Nello stesso periodo, sono stati resi pubblici 809 casi di ransomware, con un picco del 62% a marzo, rispetto alla media mensile di 270 casi.
Sempre nel primo trimestre 2023, il 30,3% di tutte le e-mail ricevute erano spam e l’1,3% conteneva malware o link di phishing. Ogni esemplare di malware circola in media per 2,1 giorni prima di scomparire. Il 73% degli esemplari è stato osservato una sola volta. I modelli di AI pubblici agiscono come complici inconsapevoli dei criminali alla ricerca di vulnerabilità nei codici sorgente: li aiutano infatti a creare situazioni che impediscono di prevenire e sventare le frodi, come i deep fake.

Case history dei gruppi hacker

Il phishing resta la forma più diffusa di furto delle credenziali e costituisce il 73% di tutti gli attacchi, seguita dagli attacchi di compromissione delle e-mail aziendali (15%).
Il gruppo LockBit è responsabile della maggior parte delle violazioni dei dati, mentre il gruppo Clop ha violato i sistemi di una rete di fornitori di servizi per la salute mentale, colpendo i dati personali e protetti dalla normativa HIPAA di oltre 783.000 persone. BlackCat, invece, infiltrandosi nei sistemi di un produttore industriale indiano, si è appropriato di oltre 2 TB di dati militari segreti, incluse anche informazioni personali di dipendenti e clienti. E Vice Society ha compromesso 1.200 server e informazioni personali di 43.000 studenti, 4.000 persone dello staff accademico e 1.500 dello staff amministrativo dell’Università tedesca di Duisburg-Essen.

Great Regret: quando i lavoratori si pentono di avere cambiato lavoro 

Negli ultimi 12 mesi in Italia il 46% dei lavoratori ha cambiato lavoro o ha intenzione di farlo, una percentuale che raggiunge il 77% per gli under 27. E il 55% di chi dice di voler cambiare lavoro sta già facendo colloqui. Ma non tutti quelli che lo hanno fatto hanno trovato quel che cercavano. Il 41% si è infatti pentito della scelta fatta. Si tratta del fenomeno conosciuto negli Stati Uniti come Great Regret, che in Italia caratterizza maggiormente gli uomini e le persone con più di 50 anni di età. Gli ultimi tre anni hanno infatti provocato una vera e propria rivoluzione nel mondo del lavoro, e anche il fenomeno delle Grandi Dimissioni, che ha caratterizzato l’uscita dalla pandemia, sembra essere tutt’altro che concluso. Sono alcune evidenze della ricerca dell’Osservatorio HR Innovation Practice della School of Management del Politecnico di Milano.

Quiet Quitter e Job Creeper

Un altro trend emergente è quello dei cosiddetti Quiet Quitter. Il 12% dei lavoratori italiani, circa 2,3 milioni, oggi si limita a fare il minimo indispensabile e non è coinvolto emotivamente nelle attività lavorative. Questo, perché non si sente valorizzato nei propri talenti e ha deciso di ‘spegnersi’, utilizzando al minimo le proprie energie sul lavoro.
All’estremo opposto, c’è un 6% di lavoratori, circa 1,1 milioni, di cosidetti Job Creeper, ovvero coloro che non riescono a smettere di lavorare, anche nei momenti in cui ci si dovrebbe dedicare alla vita privata. Fenomeni diversi, ma che entrambi sono sintomo di un malessere diffuso.

Oggi solo il 7% dei lavoratori dichiara di essere ‘felice’ 

D’altronde, oggi solo il 7%, dei lavoratori, circa 1,3 milioni, dichiara di essere ‘felice’. E solo l’11% sta bene in tutte e tre le dimensioni del benessere lavorativo, psicologica, relazionale e fisica.
L’aspetto più critico è quello psicologico. Il 42% dei lavoratori ha avuto almeno un’assenza nell’ultimo anno per malessere psicologico o relazionale.
Ma in questo mercato del lavoro così travagliato si aggiunge un’altra criticità. Il 59% delle organizzazioni prevede una crescita dell’organico nel 2023, ma il 94% ha difficoltà ad assumere nuovo personale. Una difficoltà che riguarda in primis le professionalità digitali, ma non solo. Mancano infatti anche profili tecnici, operai e manutentori.

Una sfida per la Direzione HR delle aziende

“In questo contesto di grande cambiamento la Direzione HR ha di fronte sfide importanti. Per riuscire a trasformare sé stessa ed essere di reale supporto alle persone e all’organizzazione, l’innovazione tecnologica può giocare un ruolo fondamentale – afferma Martina Mauri, Direttrice dell’Osservatorio HR Innovation Practice -. Tra le principali difficoltà per le organizzazioni, c’è quella di comprendere le competenze che saranno necessarie nei prossimi 3-5 anni per pianificare in maniera strategica le attività di riqualificazione, fondamentali per garantire l’impiegabilità futura delle persone e il successo del business. Ma solo il 15% ne ha chiara consapevolezza”.

Skype: l’AI traduce le chiamate e imita la voce di chi parla

Una nuova funzione che sfrutta l’Intelligenza Artificiale per tradurre in tempo reale e in altre lingue le videochiamate tra gli utenti. È quanto ha annunciato Skype, che si appresta a introdurre una novità che migliorerà la qualità delle chiamate tra utenti che parlano lingue diverse, rendendole più naturali.
Il software proprietario freeware di messaggistica istantanea e VoIP ha lanciato  TruVoice, la nuova funzione che impiega un timbro vocale vicino a quello di chi parla poiché utilizza una sintesi vocale dall’effetto non ‘robotico’. Microsoft ha definito TruVoice “un enorme passo avanti per Skype, poiché consente a persone che parlano lingue diverse di comunicare facilmente” . La comunicazione è infatti più naturale, anche quando a parlare tra loro sono persone di nazionalità differenti. 

Il campionamento ‘mima’ il timbro vocale dell’utente

Al momento le uniche lingue supportate da TruVoice sono l’inglese, lo spagnolo, il francese, il tedesco e il cinese, ma in futuro ne verranno aggiunte anche altre.
Finora Skype era già in grado di rilevare automaticamente lingue diverse e avviare la traduzione del testo e dell’audio, ma lo faceva usando appunto un sistema robotizzato, che permetteva di raggiungere lo scopo della comprensione tra gli utenti, sebbene con poca enfasi posta alla qualità dell’audio. Ora il campionamento effettuato dall’AI ‘mima’ il parlato dell’utente senza però registrare e conservare l’audio delle parole. Skype fa quindi un passo ulteriore verso l’abbattimento delle barriere linguistiche tra gli utenti. La funzionalità, una volta disponibile, sarà visibile anche attraverso le app mobili di Skype, seguendo il menu ‘altro’ e poi ‘traduci’ nel riquadro basso della finestra della chiamata in corso.

Una combinazione di tecnologie

“Skype usa l’Intelligenza Artificiale per rilevare automaticamente le lingue parlate durante una videochiamata e tradurle in tempo reale – ha spiegato Microsoft -. Questo viene fatto utilizzando una combinazione di tecnologia di riconoscimento vocale ed elaborazione del linguaggio naturale, che sono in grado di comprendere e interpretare le parole pronunciate e tradurle nella lingua desiderata. Inoltre – ha aggiunto la società -, se si attiva l’uso della voce naturale, utilizzeremo l’Intelligenza Artificiale per campionare le parole e ottimizzare la traduzione in modo che suoni uguale, rendendo la conversazione più umana”, riporta Ansa.

Comprende le parole e ne interpreta il senso

Con Skype TruVoce, riferisce Money.it, si possono fare riunioni o conversazioni fra persone che parlano lingue diverse senza aver bisogno di qualcuno che faccia la traduzione simultanea perché ci penserà Skype. L’AI rileva infatti automaticamente le lingue parlate durante la videochiamata e traduce simultaneamente il vocale. Utilizzando la combinazione di tecnologie di riconoscimento vocale ed elaborazione del linguaggio naturale, l’AI è in grado di riconoscere la lingua in cui le parole vengono pronunciate, comprenderle, interpretarle in senso semantico e tradurle nella lingua desiderata. Di fatto, TruVoce elimina l’effetto robotico tipico da ‘risponditore automatico’. 

Smart working, le scuse digitali più frequenti

Dai circa 570mila impiegati nel 2019 ai 6,58 milioni durante il primo lockdown, per poi arrivare verso i 5,35 milioni attuali, la produttività con lo smart working sembra essere aumentata, ma con essa anche il desiderio di lottare contro l’iper connessione. Come registrano i dati raccolti dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, queste sono le cifre di crescita esponenziale dello smart working in Italia. Ma con l’era dello smart working sono nate anche nuove scuse digitali. Secondo quanto emerge da un sondaggio condotto tra la Instagram community di Wiko questo è vero per l’86% degli intervistati, mentre il 42% ha confermato di aver utilizzato almeno una volta una giustificazione digitale per declinare una riunione o un meeting online.

Tutta colpa della connessione

Insomma, si inizia a utilizzare un repertorio di scuse più frequenti, tutte in linea con la nuova normalità. Se, da un lato, la tecnologia ha sopperito all’impossibilità di potersi incontrare e in cambio ha offerto la digitalizzazione degli uffici, dall’altro ha ampliato i confini temporali e il concetto di “disponibilità”, per cui il 43% dei partecipanti alla survey ammette di sentirsi sempre più in dovere di giustificarsi se non risponde immediatamente a un input. Quindi, se il meeting non va come dovrebbe è tutta colpa della connessione (66%), mentre per evitare di rispondere a una domanda a bruciapelo, secondo il 67% degli intervistati si ricorre al microfono in mute.

È arrivato il corriere, non posso rispondere

Abusato poi è l’utilizzo di sfondi improbabili per nascondere il caos nell’appartamento. Una soluzione classica e scontata per il 65% degli utenti coinvolti, mentre i rumori di sottofondo sono sempre colpa del partner in call (57%) o dei vicini intenti a fare pulizie o ad ascoltare musica (43%). Per non parlare dei corrieri, che citofonano sempre quando si sta per iniziare qualcosa di importante e fanno fare tardi (24%). Da sottolineare però che un 76% di più rigorosi ha resistito alla tentazione di non usare questa scusa.

Si spegne la telecamera per evitare di mostrarsi ancora in pigiama

Tra tanti pro e contro, uno dei vantaggi indiscussi dello smart working è sicuramente quello di non doversi presentare in ufficio di persona, e di conseguenza quello di poter trascurare il proprio look, motivo per cui il 72% degli intervistati ha ammesso di ricorrere allo stratagemma di tenere spenta la telecamera durante i meeting per evitare di mostrarsi ancora in pigiama, o con outfit improbabili. Eppure, nonostante le scuse, i dati mostrano un importante incremento della produttività del lavoro svolto da remoto. La sfida per il futuro sarà quindi quella di salvare quanto c’è di buono, recuperando i propri spazi e cogliendo solo i lati positivi della flessibilità.

Italiani, energia e sostenibilità: i giovani i più virtuosi

Sono le fasce di popolazione più giovane quelle maggiormente attente alla sostenibilità, soprattutto quando si tratta di consumi energetici. Lo rivela l’Enea attraverso il report “L’energia tra valori individuali e comunitari” che analizza i comportamenti ambientali e i consumi energetici delle famiglie alla luce della psicologia ambientale e delle scienze sociali applicate. L’analisi è stata condotta su un campione di residenti in Lombardia di cui sono stati esaminati azioni e interventi messi in atto negli ultimi cinque anni per ridurre la propria bolletta energetica. In particolare lo studio evidenzia come all’interno di un unico nucleo familiare spesso convivano diverse subculture energetiche, derivanti da variabili come genere, età, tipologia di abitazione e impegno sui temi della sostenibilità.

I consumi secondo le diverse fasce di età

Come accennato, lo studio ha anche messo in evidenza come ci siano comportamenti differenti a seconda delle fasce di età. Si registra quindi una maggiore adesione ad un’etica sostenibile e un’apertura più ampia al cambiamento da parte della fascia di età 18-37 anni anche per quanto riguarda i temi della mobilità e della condivisione dei servizi. I più “grandi”, precisamente gli over 78, dimostrano un’attenzione di carattere economico nel minimizzare gli sprechi di acqua ed elettricità. Dal report emerge inoltre la tendenza nel dotarsi di un numero inferiore di apparecchi ed elettrodomestici (-16,3%, a parità di dimensione del nucleo familiare) da parte di famiglie “ad alta sostenibilità”, cioè quelle che dichiarano un approccio valoriale maggiormente orientato alla salvaguardia ambientale. Ancora si scopre – in merito alle differenze di genere – che i comportamenti virtuosi sono più diffusi tra le donne che tra gli uomini, in quanto le prime percepiscono in maniera più intensa l’efficacia e l’impatto positivo delle azioni individuali. Questo si traduce in pratiche quotidiane concrete, mentre nel genere maschile prevale lo scetticismo riguardo all’impatto che queste pratiche possono avere nella realtà. 

Chi vive in condominio ha un approccio più “eco”

Il report mette in luce che ci sono differenze anche tra chi vive in un condominio rispetto a chi abita in una soluzione indipendente. Il contesto condominiale appare come più favorevole a una minor presenza di elettrodomestici e a consumi più orientati all’innovazione. Questo grazie alla metratura più ridotta delle singole abitazioni, alla possibilità di condividere i sistemi di riscaldamento e alla distribuzione geografica dei condomini, decisamente più diffusi nei grandi centri urbani. Le differenze maggiori riguardano gli interventi per ridurre i consumi energetici, messi in atto in misura maggiore nei condomini, dove oltre il 59% degli intervistati ha indicato di aver effettuato almeno un intervento per risparmiare energia negli ultimi cinque anni, contro il 21% di chi vive nelle abitazioni indipendenti. D’altro canto, chi vive in soluzioni indipendenti è più propenso ad adottare interventi che beneficiano di incentivi economici (40% contro il 32%). “Dal report emerge quanto sia importante, in termini di efficacia, la possibilità di fornire agli utenti una serie di feedback in tempo reale circa la correttezza dei propri comportamenti, allo scopo di progettare strategie di sensibilizzazione che interagiscano direttamente con i cittadini, attuate attraverso metodologie in grado di iscriversi in tempo reale nel processo e nelle dinamiche quotidiane di utilizzo condiviso e individuale delle fonti rinnovabili”, afferma Ilaria Bertini, direttrice del Dipartimento Unità Efficienza Energetica dell’Enea.

I ricordi mancati dei viaggi non fatti nel 2020

Ciò che è mancato di più agli italiani in questo 2020 segnato dal Covid  è non avere potuto viaggiare, o comunque, avere viaggiato di meno. Per il 58% degli italiani la possibilità di creare nuovi ricordi in vacanza era ciò che più desiderava, e il 32% ha intenzione di effettuare “il viaggio della vita” nel prossimo futuro, quando le restrizioni a contrasto della pandemia lo permetteranno. Si tratta dei risultati di un sondaggio di Hilton, condotto da YouGov a ottobre 2020 su un campione di 2.000 italiani. A sorpresa, quindi, ciò che gli italiani apprezzano di più di una vacanza è proprio la possibilità di creare nuovi ricordi, tanto che oltre il 69% è d’accordo con l’affermazione: “alcuni dei miei ricordi più belli sono legati a un viaggio o a una vacanza”.

Si rimpiangono i piccoli momenti, anche negativi

La pandemia ha reso più difficile la possibilità di viaggiare, specie all’estero, e quasi tre quarti degli italiani (74%) afferma che quando avrà la possibilità di tornare a viaggiare apprezzerà ancora di più il viaggio e i ricordi che ne derivano. Ma, oltre ai ricordi, agli italiani cosa è mancato di più del poter viaggiare? Al primo posto il lasciarsi alle spalle la quotidianità (56%), seguito dalla possibilità di vivere nuove esperienze (48%) e imparare cose nuove (43%).

Agli intervistati sono mancati però anche gli aspetti del viaggio che “prima” erano considerati come negativi, ma che in qualche modo, ora vengono rimpianti. Come, ad esempio, il fatto di spendere troppi soldi (22%), o dover fare le valigie per lunghi tragitti in auto (20%), oppure le lunghe attese al nastro di ritiro bagagli all’aeroporto (18%).

Meno social durante le ultime vacanze

Nel tentativo di passare più tempo a godersi il momento, oltre un terzo (34%) dei vacanzieri quest’estate ha trascorso meno tempo postando sui social media. Più della metà (51%) ha ammesso di aver perso troppo tempo nelle vacanze precedenti, cercando di catturare lo scatto perfetto, e ha voluto passare più tempo a creare ricordi con la propria famiglia. Quasi uno su quattro (23%), poi, dichiara di aver “messo in pausa” i propri post sui social per una forma di rispetto nei confronti della famiglia e degli amici che non sono riusciti a concedersi una vacanza, e uno su cinque (20%) ha postato foto per ricordare la propria vacanza e rivivere i bei momenti trascorsi.

Progetti per il futuro: realizzare il “viaggio della vita”

La pandemia costringe a ripensare ai viaggi fatti nel passato, e sette persone su dieci (71%) dichiarano che quando potranno ricominciare a viaggiare li apprezzeranno ancora di più. Quasi la metà (47%) degli intervistati vorrebbe aver scattato più foto durante le vacanze precedenti per fissarne i ricordi. Il 40% ha rivelato anche di aver parlato di viaggi e vacanze con la propria famiglia più del solito, e il 35% ha intenzione, nel futuro, di approfondire la conoscenza del proprio Paese. Tra coloro che hanno intenzione di intraprendere un viaggio nel 2021, il 37% vorrebbe poter scegliere una destinazione in Europa, mentre il 24% preferirebbe rimanere nel Belpaese. Il dato che più colpisce è che il 32% degli intervistati, appena sarà possibile, realizzerà il “viaggio della propria vita”.

Bike economy e Made in Italy, la produzione cresce del 20%

Un boom in atto da diversi anni, quello della bike economy, e che accomuna tutti i Paesi, ma nel quale l’Italia eccelle a livello mondiale in diversi punti della filiera. Tra vecchia tradizione artigiana e l’utilizzo di materiali ultramoderni e tecnologici l’Italia della bicicletta corre sempre più veloce. Nel 2019 le imprese italiane del settore hanno fatturato 1,032 miliardi di euro, e il 2020 sembra andare ancora meglio, con il +20,2% della produzione registrato dopo il lockdown nei mesi di giugno e luglio.

Nel 2019 1.776.300 bici vendute all’estero

Secondo il V Rapporto Artibici di Confartigianato, l’Italia infatti non è solo la prima nazione in Europa per il numero di bici vendute all’estero. Nel 2019 sono state vendute 1.776.300 bici, per un valore complessivo di 609 milioni e una crescita del 15,2% rispetto all’anno precedente. Il nostro Paese si conferma anche quarto esportatore mondiale di biciclette e componenti, con il 7,2% dell’export del mondo del settore, ed è leader globale in alcune parti della filiera.

L’Italia è al primo posto nel mondo per esportazioni delle selle, con più della metà (54,6%) dell’export mondiale, ed esportazioni di cerchioni, con una quota del 13,6%. Tra i clienti esteri delle nostre biciclette la Francia lo scorso anno ne ha acquistate 121 milioni, seguita dalla Germania (100 milioni) e dalla Spagna (46 milioni).

Un’eccellenza della manifattura Made in Italy

Le imprese del settore crescono, e sono arrivate a 3.128, in aumento del 3,2% negli ultimi 5 anni. Tra imprese di produzione, riparazione e noleggio danno lavoro a 7.409 addetti, e nella maggior parte dei casi (1.981) si tratta di imprese artigiane. Anche in questo caso, in controtendenza con i dati generali, sono imprese più vitali della media. La demografia imprenditoriale evidenzia che nel 2019 le realtà della filiera della bicicletta crescono in un anno del +1,5% in controtendenza rispetto al calo dello 0,1% del totale imprese.

“Nella produzione e manutenzione di biciclette – sottolinea il Presidente di Confartigianato Giorgio Merletti – gli imprenditori artigiani hanno saputo far rinascere e rilanciare l’eccellenza della manifattura Made in Italy, conquistando i mercati internazionali”.

Bolzano, Sondrio, Forlì-Cesena sul podio della vocazione produttiva ciclistica

Tra le province con la maggiore vocazione produttiva ciclistica ai primi tre posti ci sono Bolzano, Sondrio, Forlì-Cesena, mente a livello regionale il podio spetta al Trentino Alto Adige, all’Emilia Romagna e al Veneto. Le regioni con la maggiore intensità di utilizzo di bici in rapporto agli abitanti sono il Trentino Alto Adige, il Veneto e l’Emilia Romagna, una regione che conta da sola 1.352,8 km di piste ciclabili. E gli utilizzatori? In Italia i ciclisti sono sempre di più, con oltre un milione (1.003.000) di persone che nel 2019 l’hanno usata, sfruttando anche i 4.568 chilometri di piste ciclabili.