Archivi categoria: News economia

Commercio digitale: in Italia è stabile e superiore alla media globale

Negli ultimi tre mesi del 2022 il commercio digitale globale è diminuito del 2% rispetto allo stesso periodo del 2021. L’Italia si dimostra invece più propensa allo shopping online, e l’andamento complessivo del commercio digitale rimane invariato, a dispetto, ad esempio, dei Paesi nordici (-21%), il Regno Unito (-13%), la Germania (-10%), o l’Olanda (-6%). È quanto emerge dai dati relativi al terzo trimestre 2022 dello Shopping Index, il report trimestrale di Salesforce che descrive l’andamento dello shopping online attraverso i dati relativi alle transazioni di oltre un miliardo di consumatori in tutto il mondo.

I dati italiani ed europei

L’Italia ha registrato una crescita complessiva del traffico del 7%, +4% rispetto al traffico globale (3%), ma è tra i paesi con i tassi di conversione, ovvero il rapporto tra traffico online e ordini, più bassi al mondo (1,1%). Nel nostro paese il traffico e-commerce generato dai social media è pari al 10%, superando la media globale (8%), ma se a livello globale il traffico social generato da tablet ha registrato la crescita maggiore (+16%), in Italia il device che genera più traffico è lo smartphone (13%), +1% rispetto al terzo trimestre 2021. In Europa il calo è stato un po’ più marcato rispetto alla media globale, probabilmente a causa dell’impatto della guerra in Ucraina. Le vendite online in Europa nel terzo trimestre 2022 sono diminuite del 9% su base annua, con un calo del volume degli ordini del 3%. Tuttavia, i consumatori hanno speso di più nel settore fashion, in particolare per calzature (+18%) e pelletteria (+17%), mentre si evidenzia un calo significativo delle categorie toys&learnings (-22%) e casa (-19%).

I dati globali

A livello globale il numero di consumatori digitali (-4%) e il volume degli ordini (-5%) sono diminuiti rispetto all’anno precedente, mentre il traffico online è aumentato del 3% su base annua. Il traffico da dispositivi mobili è cresciuto del 6% su base annua, mentre il traffico generato da PC è diminuito del 2%. Gli ordini globali sono diminuiti del 4% su base annua, una riduzione più contenuta rispetto al calo dell’8% registrato nel secondo trimestre. Aumentano però dell’1% gli ordini generati da PC, un dato positivo rispetto al -4% registrato nel secondo trimestre, riferisce Adnkronos.

Una rotta costante sulla via del commercio digitale

“A oggi il commercio elettronico si sta pian piano riequilibrando dopo l’impennata sostenuta durante la pandemia, ma ciò non toglie che viviamo in un mondo sempre più digitale, dove le aziende devono adattarsi in continuazione alle mutevoli condizioni del mercato in modo da soddisfare al meglio le richieste dei consumatori – commenta Maurizio Capobianco, Area VP Cloud Sales di Salesforce -. L’Italia, che in questo terzo trimestre 2022 ha mantenuto costante la propria rotta sulla via del commercio digitale, al momento si sta dimostrando più che all’altezza di tali aspettative superando la media globale, non solo nel commercio digitale, ma anche nel traffico e-commerce generato dai social media”.

Crisi energetica: quali rischi per la crescita delle imprese lombarde?

Lo confermano le imprese lombarde, che già nel secondo trimestre dell’anno segnalano rincari compresi tra il 40% e il 50% per gas ed elettricità nella maggior parte dei settori. Dalle imprese lombarde arrivano quindi segnali di preoccupazione per la tenuta della fase di crescita innescata nel 2022. Questo, nonostante il secondo trimestre dell’anno abbia ancora registrato andamenti positivi. A intercettare la preoccupazione delle imprese è il focus di approfondimento di Unioncamere Lombardia su approvvigionamento energetico e accesso al credito per i principali settori economici lombardi.
La tensione sui rifornimenti energetici già preannunciata a fine 2021 è stata infatti esacerbata dalle conseguenze del conflitto in Ucraina, con forti rincari per tutti i prodotti, soprattutto il gas.

L’industria manifatturiera è la più penalizzata

La situazione è più grave nell’industria manifatturiera, dove il costo del gas è sostanzialmente raddoppiato (+98,9%), mentre quello dell’elettricità cresce del +73,5%. Il comparto industriale è infatti penalizzato da settori fortemente energivori, per i quali i rincari hanno assunto dimensioni eccezionali. La siderurgia registra a luglio variazioni di costo pari al +143% per il gas e +107% per l’elettricità, ma anche il tessile (+157% e +90%) e gli alimentari (+142% e +85%) mostrano incrementi molto rilevanti. Nel terziario si evidenziano in generale rincari inferiori, ma sempre ben al di sopra dell’inflazione, a eccezione di alberghi e ristoranti, dove i prezzi di gas ed elettricità sono aumentati del +76% sua base annua.

Autonomia energetica: non tutti i settori sono maturi

Per quanto riguarda l’autosufficienza, l’industria si rivela il settore più maturo nel percorso verso l’autonomia energetica. Un terzo delle imprese industriali (34%) è in grado di produrre almeno in parte l’energia di cui deve approvvigionarsi per le proprie attività, mentre negli altri settori la presenza di impianti è nettamente inferiore (21% per il commercio al dettaglio, 14% per l’artigianato, 12% per i servizi). L’impennata dei costi energetici si innesta su una situazione economica resa ulteriormente critica dall’aumento dei tassi di interesse, innescato dalle politiche restrittive messe in atto dalle banche centrali per contrastare l’inflazione.

Accesso al credito: peggiorano le condizioni applicate 

Dal lato dell’accesso al credito, le imprese segnalano in particolare una crescita delle spese connesse alla richiesta di prestiti. In tutti i settori circa il 50% del campione registra un peggioramento per le condizioni applicate, tassi sui prestiti e costi complessivi del finanziamento. Occorre ricordare però come negli ultimi anni le imprese lombarde abbiano intrapreso un percorso di consolidamento dal punto di vista finanziario, che consente agli imprenditori di mantenere ancora una fiducia elevata nella propria capacità di far fronte al debito. La percentuale di intervistati che esprime preoccupazione su questo aspetto rimane minoritaria, con l’artigianato che registra i valori più critici (livello di preoccupazione pari a 33%), seguito dai servizi (25%) e dal commercio al dettaglio (25%), mentre le imprese industriali si confermano più solide (21%).

Transizione ecologica: un impatto sul 72% delle aziende

Lo studio del REPAiR Lab (Responsible, Patience and Reliable Finance Lab),  il laboratorio di SDA Bocconi e CRIF sulla finanza responsabile e sostenibile, evidenzia che oltre il 72% delle aziende avrà un impatto nella catena industriale dovuto al percorso di transizione ecologica.
L’emergenza climatica è infatti sotto gli occhi di tutti, e in questo contesto un ruolo centrale nel contenimento delle emissioni è svolto anche dalle imprese, che si trovano a dover fronteggiare un rischio di transizione ecologica che può consistere in perdite di operatività, soprattutto per le aziende attive nei settori chimico e del cemento. Lo studio individua quindi i passaggi chiave che le imprese devono seguire per governare al meglio il processo di decarbonizzazione e minimizzare i rischi della transizione verde.

I settori ‘energivori’ e il rischio nel lungo periodo

Per stimare gli impatti della transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio sono state analizzate oltre 5 milioni di imprese italiane sulla base dell’indicatore di rischio di transizione ecologica sviluppato da CRIF. A livello di dimensioni, le aziende che subiranno un impatto maggiore sono tendenzialmente più grandi della media. Inoltre, focalizzando l’analisi sul consumo energetico, emerge una relazione tra i settori ‘energivori’, con maggior consumo di gas metano, e il rischio di transizione nel lungo periodo.

Maggiore efficienza energetica e situazione finanziaria

“Le Pmi e le aziende corporate che investono in maniera strategica nella sostenibilità possono ridurre i loro consumi del 10-30% all’anno, senza diminuire il livello di servizio e la qualità delle operazioni aziendali. Con una maggiore efficienza dal punto di vista energetico le imprese possono migliorare la propria situazione finanziaria ma anche ridurre le emissioni di gas serra – spiega Marco Macellari, Director, Head of Risk Management, Management Consulting di CRIF -. È fondamentale, inoltre, che le iniziative di transizione ecologica si estendano dalla singola impresa all’intera supply chain. Basti pensare che fino al 90% dell’impatto ambientale di un’impresa è determinato proprio dai processi produttivi”, 

Strategia, gestione dei rischi, accesso ai capitali e metriche di misurazione

Il lavoro delle imprese deve concentrarsi in maniera integrata su quattro aspetti: strategia, gestione dei rischi, accesso ai capitali e metriche di misurazione. Per quanto riguarda la strategia, è prioritario che le imprese integrino gli obiettivi di decarbonizzazione e sostenibilità con modalità coerenti col piano industriale. È poi fondamentale che gli aspetti legati al cambiamento climatico siano integrati nelle strategie di risk management: le aziende più virtuose dal punto della sostenibilità diventeranno più attrattive e resilienti agli occhi di mercati e investitori. Ma per gestire la transizione, “serviranno ingenti fonti di capitali, anche sotto forma di obbligazioni o equity, che possano supportare le imprese nella gestione dei rischi ambientali”, sottolineano i ricercatori del REPAiR Lab. Quanto alle metriche, sarà prioritario che le imprese si uniformino agli standard europei e internazionali di misurazione, affinché la valutazione delle proprie attività e la loro comunicazione sia più omogenea e aperta possibile.

Come smascherare potenziali frodi online?

Visa ha compilato il Fraudolese, il vocabolario delle frodi che svela le strategie comunicative dei truffatori da cui tenersi in guardia per navigare e fare acquisti online in tutta sicurezza. E ha stilato dieci suggerimenti per smascherare potenziali frodi. Il primo è controllare l’ortografia dei messaggi. Le incongruenze nel linguaggio, infatti, come gli errori di grammatica, la disposizione delle parole o le differenze tra il nome del mittente e il link all’url fornito, potrebbero indicare che si tratta di una frode. Se si riceve un messaggio inaspettato da un’azienda o da un individuo, è sempre bene fare attenzione a questi errori.

Diffidare delle richieste urgenti

Diffidare poi delle richieste urgenti. Un linguaggio che incoraggia a intraprendere un’azione urgente spesso è una tattica utilizzata nelle comunicazioni fraudolente. Diffidare quindi di espressioni come ‘clicca (…) qui sotto’, o ‘entro 48 ore’, e non cliccare sui link per evitare di compromettere i dati personali. Attenzione anche alle richieste sospette: i truffatori spesso usano come esca un problema, come chiedere di riorganizzare una consegna, o fanno un’offerta allettante, come la vincita di un premio. Qualora non si abbia evidenza del problema che viene chiesto di risolvere o dell’offerta proposta, è probabile si tratti di frode. Inoltre, verificare che il mittente sia effettivamente chi dice di essere: i truffatori spesso si impegnano per convincere della loro credibilità. Può essere difficile distinguerle, quindi se non si è sicuri, meglio verificare.

Verificare il messaggio con una persona di fiducia

Può sembrare ovvio, ma se non si è sicuri della legittimità di un messaggio, può essere utile verificare il messaggio con una persona di fiducia, che potrebbe avere ricevuto un messaggio simile. Condividere la propria esperienza potrebbe inoltre evitare che altri ne siano vittima. Ma è importante controllare che i siti scelti per gli acquisti online siano sicuri. Trovare il sito web giusto significa quindi verificare che nella barra degli indirizzi sia presente l’icona del ‘lucchetto’ e che l’indirizzo inizi con HTTPS: la ‘S’ offre maggiori garanzie di sicurezza. Controllare poi il sito web e le recensioni del venditore, informandosi anche sui social media o l’azienda presso cui si sta per acquistare, e dare un’occhiata alle recensioni.

Usare i token e i servizi one-click

E attenzione alle truffe di phishing tramite e-mail o telefonate non richieste e sospette. Potrebbero tentare di rubare informazioni personali come numero di conto, nome utente e password. In caso di dubbio, non cliccare sui link o scaricare file. sQuando si aggiunge la carta al proprio smartphone, o la si collega all’app di alcuni esercenti, i dati vengono spesso sostituiti da un ‘token’ digitale: ciò significa che i dati della carta non vengono memorizzati. Usare perciò sempre i token e i servizi one-click per pagare in modo facile e sicuro. Utilizzare poi un modo sicuro, rapido e semplice per identificarsi. Qualora sia possibile, è bene impostare metodi come le impronte digitali o il riconoscimento facciale sugli smartphone e all’interno delle app bancarie.

Tecnologie digitali: i professionisti italiani investono 1,76 miliardi di euro

Lo confermano i risultati della ricerca dell’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale della School of Management del Politecnico di Milano: nel corso del 2021 avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro hanno investito complessivamente 1,76 miliardi di euro in tecnologie digitali, il +3,8% rispetto al 2020. Un dato positivo, nonostante per la prima volta in dieci anni l’incremento percentuale sia inferiore a quello evidenziato dalle aziende (+4,1%). Inoltre, solo i grandi studi, prevalentemente del settore legale, hanno elaborato una strategia in grado di innovare il business attraverso le tecnologie più evolute, mentre la maggior parte degli studi professionali presenta modelli di business statici, che hanno indirizzato gli investimenti in digitale verso le esigenze contingenti, come l’adozione dello smart working.

La spesa aumenta con la dimensione degli studi professionali 

Una forte differenza si evidenzia infatti considerando le dimensioni degli studi professionali. Tra le micro realtà, l’11% non ha investito nulla in ICT e solo l’1% ha destinato più di 10mila euro, mentre tra gli studi piccoli, medi e grandi solo il 3% non ha investito in tecnologia e il 22% investe più di 10mila euro. Tra i diversi settori, gli studi multi professionali sono quelli che spendono di più per il digitale (in media 25.050 euro), in linea con il 2020. Gli avvocati hanno visto un aumento degli investimenti del +2,9% (8.950 euro medi), i consulenti del lavoro del +2,5 (10.350 euro), mentre i commercialisti hanno visto scendere gli investimenti in ICT del -5,4% (11.450 euro).

Per il rilancio serve collaborazione o aggregazione

A essere più penalizzati dalla pandemia sono soprattutto gli avvocati: solo per uno studio legale su due il 2021 è stato più favorevole del 2020. Al contrario, i provvedimenti del governo a sostegno delle attività economiche hanno incrementato l’attività di commercialisti, consulenti del lavoro e studi multidisciplinari, che nel 60% dei casi, hanno visto aumentare la redditività rispetto al 2020.
Per rilanciare gli studi in termini economici e finanziari, la collaborazione o l’aggregazione con altre realtà è un fattore chiave. Quelli che realizzano in modo stabile collaborazioni con altri studi o realtà diverse per sviluppare business congiuntamente evidenziano una percentuale di redditività più alta (68%) rispetto alla media generale (58%). Ma è una pratica ancora poco diffusa: solo l’8% degli studi ha avviato collaborazioni formalizzate.

Più investimenti per fattura elettronica, sistemi di videochiamate, e-learning

Le professioni hanno destinato investimenti in ICT soprattutto per fattura elettronica (86%), sistemi per la gestione di videochiamate (75%), piattaforme di e-learning (48%), conservazione digitale a norma (42%) e reti VPN (36%). In merito alle intenzioni di investimento entro il 2023, gli avvocati privilegiano sito web (13%), pagina social dello Studio (9%) e conservazione digitale a norma (7%). I commercialisti puntano su conservazione digitale a norma (9%), software per il controllo di gestione, sito internet per lo Studio e gestione elettronica documentale (tutti al 6%), e i consulenti del lavoro, la conservazione digitale a norma (12%), il sito per lo Studio (7%), il software per la gestione della crisi d’impresa.

Più di un italiano su due vuole cambiare lavoro

Più della metà dei lavoratori italiani (55%) desidera una nuova occupazione perché quella attuale non soddisfatta più, e il 15% si è attivato per cercare un altro impiego. A descrivere il sentiment degli italiani è l’indagine della Fondazione studi consulenti del lavoro, dal titolo Italiani e lavoro nell’anno della transizione, condotta in collaborazione con SWG. Insomma, dopo la pandemia gli italiani hanno voglia di cambiamento, a partire dal lavoro, e cercano un’occupazione più compatibile con le esigenze di vita personale e più appagante sotto il profilo professionale ed economico.  Un fenomeno trasversale, diffuso non solo tra i giovani e determinate categorie di lavoratori, e decisamente nuovo per un mercato del lavoro da sempre caratterizzato da stabilità e basso turnover interno.

Insoddisfazione e voglia di novità spingono il cambiamento

A pesare sulla decisione di voler voltare pagina sono l’insoddisfazione (38,7%) e la voglia di novità (35,4%), meno la scadenza del contratto (9,8%) o la paura di perdere il lavoro (11,8%). Alla base dell’insoddisfazione, salari bassi (31,9%) e scarse opportunità di carriera (40,9%). Ma non è solo il miglioramento retributivo e professionale a spingere al cambiamento. Il 49% degli italiani indica tra i requisiti irrinunciabili della nuova occupazione un maggiore equilibrio personale, minori livelli di stress e più tempo da dedicare a sé stessi. Il benessere individuale, complice anche i due anni di pandemia, è l’obiettivo soprattutto di under 35 e 35-44enni, prioritario rispetto al miglioramento economico.

Il ruolo decisivo dello smart working

Secondo la ricerca è lo smart working ad avere giocato un ruolo decisivo. Se nel 2021 gli smartworker fornivano un giudizio ambivalente, evidenziando le criticità connesse al lavoro da remoto, nel 2022 l’84,2% dei lavoratori ‘agili’ promuove a pieni voti questo modello, perché concilia lavoro e vita privata. Il 31,8% degli italiani non accetterebbe di tornare a lavorare in presenza, il 16,9% cambierebbe lavoro e il 9,3% potrebbe addirittura licenziarsi. Un modello, dunque, che si consolida e che cambia non solo il lavoro, ma anche la cultura sottostante. Il 50,2% dei lavoratori dipendenti preferirebbe, infatti, essere valutato sui risultati piuttosto che sull’orario di lavoro.

Il “posto fisso” perde appeal

D’altronde, riferisce Adnkronos, la pandemia ha innescato una forte accelerazione tecnologica, costringendo anche i lavoratori più resistenti a fare i conti con le nuove modalità. Il 61% degli intervistati afferma infatti che la rivoluzione tecnologica ha cambiato il lavoro, e una percentuale minoritaria (13,9%) la boccia perché ha reso il lavoro più complicato (14,6%) e disumano (11,1%). Ma i mali del lavoro non derivano solo dalle condizioni economiche. Dopo gli stipendi troppo bassi (56,7%) e la tassazione elevata (43,9%), l’altra criticità è la scarsa meritocrazia del sistema (33%). Un tema avvertito con maggiore urgenza rispetto a quello della precarietà, soprattutto dai giovani. L’idea del ‘posto fisso’ perde dunque appeal. Per quanto un lavoro sicuro resti un obiettivo irrinunciabile per chi sta cercando un’occupazione (25,3%), l’assenza di meritocrazia limita ancor più i pochi spazi di crescita esistenti.

Industria lombarda: risultati positivi, ma non ancora ai livelli pre-crisi

Nel primo trimestre 2022 la produzione industriale lombarda riduce l’intensità della crescita congiunturale, registrando un +1,8% rispetto al trimestre precedente. La variazione tendenziale è invece pari a +11,2%. Un risultato positivo diffuso a quasi tutti i settori, a eccezione dei Mezzi di trasporto, che registrano un lieve calo tendenziale (-0,1%). Fanno ancora da traino al recupero produttivo gli ordini esteri, cresciuti del 4,0% rispetto al trimestre precedente. Cresce anche la domanda interna (+2,7%), ma con intensità ridotta. Risultati positivi anche per le aziende artigiane manifatturiere, che segnano una crescita della produzione del +2,0% congiunturale e del 9,6% tendenziale. Per queste imprese rivolte maggiormente al mercato interno, gli ordini sono postivi, ma meno dinamici (+1,2% congiunturale).

I rincari dei prezzi

Rimane alta l’attenzione sui prezzi per i rincari di beni energetici, materie prime e componenti varie. Rispetto al I° trimestre 2021 i prezzi delle materie prime sono cresciuti mediamente del 57,6% per le imprese industriali e del 76,8% per le artigiane. Persistono difficoltà di approvvigionamento con rallentamenti e interruzioni delle catene di fornitura. Le aspettative delle aziende per il prossimo trimestre si fanno più caute. Rimangono in area positiva per l’industria, ma i saldi si riducono per tutte le variabili, con quote cospicue di imprese che non prevedono variazioni nei livelli. Tra gli artigiani, invece, si fa già strada il segno negativo, più intenso per produzione, fatturato e ordini interni.

Le dinamiche settoriali

La maggior parte dei settori industriali aprono il 2022 con incrementi tendenziali dei livelli produttivi. Da segnalare la buona performance di Pelli-Calzature (+29,0%), Abbigliamento (+27,6%) e Tessile (+22,8%), e incrementi sopra la media per Manifatturiere varie (+12,7%) e Minerali non metalliferi (+11,5%). Tassi di crescita anche per Meccanica (+10,2%), Alimentare (+10,1%) e Carta-stampa (+10,1%), e con intensità minori, per Legno-mobilio (+9,7%), Siderurgia (+9,4%), Gomma-plastica (+7,5%), Chimica (+5,9%) e Mezzi di trasporto (+3,4%). La propensione all’estero influisce positivamente sui livelli produttivi. I settori con maggiori quote di fatturato estero presentano infatti livelli dell’indice della produzione maggiori.

Fatturato e ordinativi

Il fatturato a prezzi correnti dell’industria segna un buon risultato tendenziale (+19,1%) e un incremento sul trimestre precedente (+1,7%). Gli incrementi di prezzo dei prodotti finiti, con un’ulteriore crescita congiunturale (+8,3%), influiscono sul risultato. Per le imprese artigiane il fatturato cresce dell’1,9% congiunturale e del 12% tendenziale. Anche in questo caso va considerata la dinamica dei prezzi dei prodotti finiti, cresciuti del 10% rispetto al trimestre precedente. La dinamica congiunturale degli ordini interni (+2,7% congiunturale) mostra segnali di indebolimento per l’industria, mentre gli ordini esteri crescono del 4%. Risultati più contenuti per l’artigianato rispetto al trimestre precedente: +1,2% sia per gli ordini interni sia esteri. La quota del fatturato estero sul totale rimane elevata per le imprese industriali (38,9%) e resta poco rilevante e in diminuzione per le imprese artigiane (6,9%).

Raddoppiano i messaggi inviati dalle software house

Complici anche la pandemia e i cambiamenti negli stili di vita, l’impiego di soluzioni di mobile messaging da parte delle software house negli ultimi due anni è quasi raddoppiato. Negli ultimi due anni è infatti aumentata notevolmente la richiesta di integrare soluzioni di mobile messaging all’interno di gestionali e altri applicativi, anche a seguito della significativa crescita dell’e-commerce, dello smart working e dei servizi di delivery, che portano con sé la necessità di comunicare in modo efficace e rapido in diverse situazioni.

Cresce la domanda di integrare soluzioni di mobile messaging
In base ai dati di Esendex, business provider per le soluzioni per la comunicazione mobile, nel 2021 sono stati inviati dalle software house oltre 96 milioni di messaggi, con un incremento superiore al 180% rispetto al periodo precedente la pandemia. Nell’ultimo periodo in effetti sono aumentate anche le occasioni in cui occorre comunicare in modo veloce ed efficace con la clientela, e di conseguenza è significativamente cresciuta anche la domanda di poter integrare all’interno di gestionali e altri applicativi soluzioni di mobile messaging.

Il 37,7% dei messaggi riguarda l’invio di notifiche e reminder
Analizzando i dati più in profondità, emerge che il massiccio utilizzo da parte delle software house di strumenti di comunicazione mobile, tra cui SMS, omnichannel chat e altri, nel 37,7% dei casi è stato relativo all’invio di notifiche e reminder, come, ad esempio, promemoria di appuntamenti, aggiornamenti su servizi, conferme di ordini e avvisi di consegna. Oltre a notifiche e promemoria, il boom dell’utilizzo del mobile messaging è legato poi anche al costante aumento dei messaggi con i codici per l’autenticazione a due fattori, password o altre comunicazioni nell’ambito della sicurezza, che rappresentano un buon 20,07%. A questi, fanno seguito i messaggi per promuovere le flash sales, gli inviti a eventi e le attività di drive to store e drive to web, che insieme rappresentano il 18,14% del totale.

e-commerce, smart working, servizi di delivery incrementano le richieste
“Negli ultimi due anni, a seguito della forte crescita dell’e-commerce, dello smart working e dei servizi di delivery, chi si occupa di sviluppo software ha assistito a un notevole incremento delle richieste dei clienti di poter gestire la comunicazione mobile dall’interno dei loro gestionali, facendo esplodere la domanda delle nostre soluzioni – dichiara Carmine Scandale, Head of Sales di Esendex Italia -. Per le software house rappresentiamo da sempre un partner strategico poiché consentiamo loro di garantire l’affidabilità e i livelli qualitativi che solamente il leader a livello europeo nell’ambito della messaggistica è in grado di poter offrire. A tutto ciò si aggiunge la tranquillità di poter contare su API rest universali costantemente aggiornate, e grazie ai nostri server server ridondanti su due serverfarm, anche sui più elevati livelli di sicurezza”.

Come scegliere un mutuo?

Prima di accendere un mutuo sono tanti gli aspetti da valutare. Il consiglio generale è chiedere un prestito che permetta uno stile di vita sereno, consentendo di pagare la rata mensile con la minima fatica. La banca farà la stessa considerazione prima di decidere se approvare o meno il finanziamento, perché vorrà assicurarsi che il futuro cliente sia in grado di rimborsare la cifra concessa. In linea di massima, il rapporto tra rata del mutuo e reddito mensile non deve essere superiore al 30%, limite oltre il quale si ritiene che il pagamento non sarebbe sostenibile. In ogni caso, non esiste il mutuo ideale in assoluto, ma esiste il mutuo migliore per ognuno, calibrato sulla base della personalità e della disponibilità economica.

Quale cifra chiedere?

È meglio non limare l’importo all’indispensabile, perché il mutuo è il finanziamento meno costoso di tutti, nonché l’unico fiscalmente detraibile. Può essere vantaggioso sfruttarlo il più possibile e tenere la liquidità disponibile per altri progetti, soprattutto in anni in cui i tassi di interesse applicati sono molto convenienti. Certo, bisogna considerare che i costi di un mutuo (tassi e spese di istruttoria) crescono all’aumentare dell’LTV (Loan To Value), il rapporto tra importo del finanziamento e valore dell’immobile posto a garanzia. Se possibile, meglio evitare le soglie percentuali che comportano una spesa maggiore, quando non è indispensabile. Ad esempio, chiedere un mutuo al 100%, cioè che copra l’intero valore dell’abitazione, è possibile, ma avrà un costo superiore.

Qual è la durata ideale?

C’è chi preferisce rimborsare il debito nel più breve tempo possibile, risparmiando sugli interessi, e chi privilegia una durata maggiore, in modo che la rata più bassa incida il meno possibile sulla qualità della vita. In questo secondo caso si ha più flessibilità: mentre chiedere l’allungamento del mutuo non è consentito, è sempre nelle facoltà del debitore effettuare estinzioni parziali di capitale. Prima di accendere un mutuo bisogna valutare però se si hanno i requisiti necessari. Alcuni sono di tipo legale: cittadinanza italiana, residenza o domicilio fiscale in Italia, maggiore età. Poi ci sono i requisiti di tipo economico, che la banca esamina in fase di istruttoria per accertare la capacità di rimborso del mutuatario.

Quale tasso scegliere?

Quale tasso scegliere considerando l’attuale andamento del mercato? Prima di tutto, riporta Adnkronos, bisogna considerare quanto si è inclini al rischio di un tasso variabile, a fronte di possibili maggiori guadagni. Oppure se si preferisce avere la certezza durevole nel tempo del tasso fisso, anche a costo di una spesa maggiore. Entrambi i tassi sono da anni molto convenienti e si aggirano intorno allo 0, o anche meno, con il tasso fisso leggermente più alto, ma comunque inferiore all’1%. Tra il 2007 e il 2008, invece, sia l’Eurirs sia l’Euribor si aggiravano intorno al 5%. Oggi, invece, la scelta del tasso fisso è in linea di massima la più vantaggiosa. Assicura la stabilità a un costo conveniente.

La produzione industriale lombarda chiude l’anno con un +15,6%

Dati positivi per la produzione industriale lombarda, che nel quarto trimestre 2021 cresce del +2,3% congiunturale e chiude l’anno in rialzo, sia rispetto al 2020 (+15,6%) sia rispetto al 2019 (+4,3%). Secondo i dati relativi al IV° trimestre 2021 pubblicati da Unioncamere Lombardia la maggior parte dei settori industriali chiudono il 2021 con un recupero dei livelli produttivi. Rimane comunque alta l’attenzione sui prezzi per i rincari di beni energetici, e nonostante persistano ancora difficoltà nelle catene di fornitura le aspettative delle aziende lombarde sull’andamento della domanda rimangono positive, e se pur in leggera flessione per il mercato interno, sono in linea con i livelli massimi storici. Aspettative positive anche per la produzione, e continua il miglioramento per le aspettative occupazionali per il prossimo trimestre.

Recupero dei livelli produttivi per la maggior parte dei settori industriali 

A consuntivo la crescita media annua 2021/2019 vede le buone performance di Minerali non metalliferi (+7,8%), Gomma-plastica (+7,7%), Chimica (+7,3%), Meccanica (+6,6%) e Siderurgia (+6,1%). In crescita, sebbene meno accentuata, Alimentare (+3,8%), Mezzi di trasporto (+2,5%), Legno-mobilio (+2,5%) e Industrie Varie (+1,9%). La fase di ripresa si è avviata anche per i restanti settori, ma con minor intensità: il settore della Carta-stampa si ferma a -1,0%, mentre il comparto moda appare più in affanno, con Pelli-calzature a -4,9%, Tessile -8,6% e Abbigliamento -15,8%).
Meno positivo il quadro dell’artigianato per i settori che segnalano un risultato a consuntivo ancora negativo rispetto al 2019: Alimentare, -3,4%, Carta-stampa, -4,4%, Tessile, -5,5%, manifatturiere Varie, -7,9%, abbigliamento, -11,6%, e Pelli-calzature, -26,7%.

Fatturato: crescita media annua del +12,1% rispetto al 2019

Il fatturato dell’industria a prezzi correnti segna un ottimo risultato, legato anche agli incrementi di prezzo inflazionistici in atto, con una crescita media annua del +12,1% rispetto al 2019, mentre la dinamica congiunturale rimane caratterizzata da una crescita del +3,6%. Per le imprese artigiane il fatturato cresce solo dello 0,2% rispetto al 2019, ma la dinamica congiunturale è positiva (+3,2%). La crescita media annua sul 2019 degli ordinativi dell’industria è a due cifre sia per il mercato interno (+11,0%) sia estero (+14,7%), mentre la dinamica congiunturale presenta un’accelerazione degli ordini interni (+5,0%),e un rallentamento dell’incremento degli ordini dall’estero (+3,9%). La quota di fatturato estero sul totale rimane elevata per le imprese industriali (38,7%) ma resta poco rilevante ed è in calo per le imprese artigiane (7,5%).

Prezzi in rialzo, ma saldo positivo per l’occupazione

I prezzi delle materie prime presentano una dinamica congiunturale in forte rialzo, mentre l’incremento medio annuo si attesta al +29,3% per l’industria e del 37,8% per l’artigianato. I prezzi dei prodotti finiti seguono ancora a distanza l’incremento delle materie prime, registrando a fine anno un +5,4% congiunturale per l’industria e un +6,9% per l’artigianato. In questo caso gli incrementi medi annui sono più contenuti, e pari a +11,7% per l’industria e +14,3% per l’artigianato.
Quanto all’occupazione, per l’industria presenta un saldo positivo (+0,2%) e diminuisce il ricorso alla CIG.
Stesso saldo occupazionale positivo per l’artigianato (+0,2%), e in calo al 10,9% la quota di aziende che dichiara di aver utilizzato la cassa integrazione.