Il welfare criminale nel turismo vale 2,2 miliardi di euro

In Italia, il giro d’affari della criminalità organizzata attiva nel settore turistico è pari a 2,2 miliardi di euro. Un’attività sempre più pervasiva di controllo del territorio, che metterebbe a rischio 4.450 imprese attive nel comparto, ulteriormente indebolite dalla crisi di liquidità causata dall’emergenza pandemica. Al contrario del welfare criminale, che dispone di ingenti risorse finanziarie pronte alle operazioni di riciclaggio. È quanto emerge da una ricerca realizzata da Demoskopika, che ha stimato l’attività di welfare criminale delle mafie sul comparto turistico, elaborando i dati di Unioncamere, Direzione Investigativa Antimafia, Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, Istat, Cerved e Transcrime.

La crisi del turismo fa gola alle mafie

“Oltre il 13% delle imprese del comparto turistico è a rischio default a causa del Covid – dichiara il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio – e potrebbe subire le strategie aggressive di infiltrazione economica della criminalità organizzata. La prolungata emergenza, causata dalla pandemia, ha generato una preoccupante crisi di liquidità rendendo le imprese ancora più vulnerabili all’ingresso nel capitale sociale di ingenti quantità di denaro dei sodalizi criminali – aggiunge Rio -. In questa direzione le mafie provano a piegare gli imprenditori con allettanti strumenti di welfare criminale, capaci di garantire la sopravvivenza aziendale, la copertura dei lievitati livelli di indebitamento, una maggiore solidità finanziaria con il loro ingresso nelle compagini societarie, fino all’acquisizione totale della realtà imprenditoriale”.

Il livello di infiltrazione criminale per regione

Sono sei i sistemi turistici regionali a presentare i rischi più elevati di infiltrazione criminale nel tessuto economico: Campania, Sicilia, Lazio, Calabria, Lombardia e Puglia. A pesare sul primato negativo della Campania, i 101 alberghi e ristoranti confiscati, pari al 23,5% sul totale delle strutture turistiche confiscate dalle autorità competenti, e le oltre 11 mila operazioni finanziarie sospette direttamente imputabili alla criminalità organizzata. A completare l’area caratterizzata da un livello “alto” di infiltrazione economica nel comparto turistico, si collocano Lazio, Sicilia, Calabria, Lombardia e Puglia. Osservando il livello territoriale emerge inoltre che nelle realtà del Mezzogiorno si concentrerebbe il 38% degli introiti criminali.

Alla ‘Ndrangheta il primato degli introiti criminali

L’analisi per sodalizio criminale evidenzia il primato della ‘Ndrangheta, con un giro d’affari di 810 milioni di euro, pari al 37% degli introiti complessivi, seguita dalla Camorra (730 milioni, 33%), Mafia (440 milioni, (20%) e criminalità organizzata pugliese e lucana (220 milioni, (10%). Di fatto, nei primi sei mesi del 2020 sono state 44.884 le operazioni finanziarie sospette localizzate nelle regioni, direttamente imputabili alla criminalità organizzata, con una crescita del +242,9% rispetto allo stesso periodo del 2019, quando erano state segnalate complessivamente 13.090 operazioni. In valore assoluto, è la Campania a essere la prima regione di localizzazione dell’operatività sospetta, con un’incidenza del 24,8% sul totale del flusso ricevuto, pari a ben 11.152 operazioni finanziarie sospette direttamente attinenti alla criminalità mafiosa. Seguono Lombardia (5.847) e Lazio (5.524), con un’incidenza pari rispettivamente al 13% e al 12,3%.